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III domenica di Pasqua – anno B – 2012


At 3,13-15.17-19; Sal 4; 1Gv 2,1-5a; Lc 24,35-48

Si possono leggere le pagine del vangelo come pagine lontane, da scavare e da studiare senza che da esse l’esistenza ne sia toccata e cambiata. Oppure si può sostare davanti ad esse, o meglio, si può accogliere l’invito ad entrare in esse, a percorrerle, a individuare fessure di vita tra le righe, e rimanerne coinvolti, aprendosi a leggerle come pagine attraverso le quali rintracciare parole che celano una presenza, e recano un dono d’incontro. Parole per noi, per me. Parole significative per cammini di fede e di comunità nel nostro presente.

Luca nello scrivere il suo vangelo è particolarmente sensibile proprio ad una questione che segna l’esistenza credente: come può la vicenda di Gesù toccare la vita di chi non l’ha incontrato nella sua vita terrena? Come si rapporta l’esperienza di chi vive in un tempo diverso e lontano da quello dei primi testimoni? Insomma è possibile anche per noi incontrare Gesù vivente e risorto? Per questo Luca scrive pagine e parole che racchiudono comunicazione di vita, un appello e un volto.

E’ un messaggio da raccogliere: da noi, che leggiamo il vangelo in tempi lontani da quello di Gesù e  dei primi testimoni e siamo invitati a rintracciare elementi importanti per il nostro oggi. Cerco così di raccogliere solo alcune tracce di spiritualità per il nostro tempo.

“Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro”. Gesù si presenta in  mezzo. E’ un gesto importante: è l’indicazione che l’incontro con Lui avviene solamente nella dimensione del ‘noi’ e non dell’ ‘io’ isolato e separato. C’è una responsabilità personale nell’incontro con Gesù perché ciascuno è chiamato ad accogliere la sua presenza, ma Luca sottolinea che questo riconoscimento avviene là dove una comunità è insieme, attratta da una presenza che si pone in mezzo e che pone l’esigenza di un rapporto personale, non mediato da chi è più importante o più vicino. E questa comunità radunata con lui al centro, è pur percorsa da interrogativi e perplessità, ma insieme. E’ ambiente dove si ascoltano le inquietudini e le scoperte anche di chi ha abbandonato ed è stato preso dalla delusione, come i due di Emmaus, e riporta la testimonianza del proprio cammino. Gesù si fa presente dove si discute e ci s’interroga insieme. Trovo in questa immagine forse un appello per il nostro tempo in cui spesso interrogativi, delusioni in relazione alla vita della chiesa, generano solitudini, abbandoni, percorsi segnati da ferite. Forse siamo chiamati a costruire luoghi in cui ascoltare di più i percorsi della fatica, della delusione, dello scoramento. Lì Gesù stesso si rende presente.

Si può anche cogliere un secondo elemento: il cammino del riconoscere Gesù presente e vivo, non solo accanto ma ‘in mezzo’, centro di attrazione,  è cammino faticoso e graduale. Non avviene secondo la logica del tutto e subito. Luca presenta tra Gesù e i suoi un dialogo fatto di domande, perplessità, dubbi, resistenze, difficoltà. E’ soprattutto uno scambio in cui emerge forte la capacità di pazienza di Gesù, il suo saper attendere, la compassione per un cammino zoppicante e incerto. Nello stare in mezzo accompagna ad un cammino interiore. La fede è così presentata come esperienza in cui non sono assenti fatica, dubbio, incertezza, in cui c’è bisogno di tempi di maturazione e di crescita. Non si determina per chiarezza di dottrine o di appartenenze proclamate. Luca ci fa intendere che il percorso del credere implica aprirsi all’incontro con Gesù ed è da lui guidato e accompagnato. Non c’è la separazione netta tra chi sta dentro e chi sta fuori, come spesso si desidera secondo logiche di esclusione, quando si riduce la fede ad una appartenenza di gruppo o ad una questione di adesione dottrinale. Incontrare Gesù in modo nuovo, dopo la Pasqua è cammino di esistenza, reca in sé la complessità come tutti i movimenti profondi della vita. E’ relazione che esige delicatezza, come tutti i percorsi degli incontri umani ci insegnano. E Gesù non è impaziente, non ha parole esigenti e ultimative. Accompagna, poco alla volta, perché sa cosa c’è nel cuore dell’uomo. “Perché siete turbati e perchè sorgono dubbi nel vostro cuore?”: nel cammino del credere non è assente il dubbio, il disorientamento che rendono pensosi e incerti. “E non credevano ancora, ed erano piani di stupore”. Tra meraviglia e incredulità. Spesso anche la nostra vita si svolge entro questi labili confini. Stupore per qualcosa di grande e profondo che attira, e nel medesimo tempo incapacità ad accogliere, indifferenza, difficoltà nell’affidarsi, pigrizia nell’operare scelte conseguenti a quanto si è compreso.

E ancora è Gesù ad accompagnare ad entrare nella scoperta del riconoscimento di Lui. Come riconoscerlo nel nostro quotidiano? – è l’insistenza di Luca in questa pagina-. Gesù conduce a riconoscerlo non con istruzioni, ma con una domanda e in un gesto, nella condivisione: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. In questa richiesta semplice e nella proposta di mangiare insieme sta un modo di pensare alla relazione con gli altri, sta anche forse tutto un metodo educativo. Un metodo non di prescrizioni, ma di accompagnamento, non di convincimento intellettualistico, ma di coinvolgimento nell’amicizia, non di esigenza ma di pazienza nel condividere, non di astratte teorie ma di gesti che toccano la concretezza della vita. Un metodo di attenzione all’umano, al quotidiano, alle piccole cose. C’è da sostare su questa richiesta. Esprime l’importanza del mangiare insieme come luogo in cui si ricordano i momenti in cui Gesù ha condiviso i pasti in tanti modi nella sua vita, facendo di quelle tavole luogo di accoglienza e ospitalità ricevuta e donata, fino all’ultima cena. Riconoscerlo si rende possibile là dove si condivide il pane, la quotidianità, l’esistenza che si fa pane spezzato.

“Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi”. Gesù rinvia i suoi a ricordare le sue parole, a riandare al suo cammino. E li accompagna anche a rileggere le Scritture, Mosè, i profeti, i salmi. Sta qui l’indicazione una spiritualità che ritorna all’essenziale, che non vive di tante sovrastrutture ma respira del ripercorrere i passi della vita di Gesù. E’ l’indicazione di imparare a riconoscerlo nella sua umanità, nelle sue scelte, nelle sue parole. E’ tornare al vangelo. Nel nostro tempo, al di là delle convinzioni religiose c’è un grande interesse per i gesti e le parole di Gesù, in una ricerca che si sforza di cogliere il profilo del profeta di Nazaret. Non è forse un segno del nostro tempo? E’ ciò che sta anche a cuore a Luca: Gesù che mostra le manie  i piedi e dice “sono proprio io! Toccatemi e guardate: un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho. Dicendo questo mostrò loro le mani e i piedi”. Certamente c’è in queste parole l’insistenza sulla presenza del risorto non come costruzione di fantasia dei discepoli. Il suo darsi ad incontrare non è costruzione psicologica, è dono inatteso, è evento che irrompe dal di fuori di loro e pure genera una trasformazione interiore e profonda.  Ma c’è in queste parole  anche l’indicazione che non si può incontrare Gesà risorto se non si guarda  al crocifisso e se non si percorre la sua via. “Mostrò loro le mani e i piedi”.

Sono le mani e i piedi del crocifisso: Gesù presente in mezzo ai suoi è il medesimo che ha vissuto il rifiuto da parte dell’autorità religiosa del tempo in complicità con il potere politico, è il medesimo che vissuto nella povertà e nella nonviolenza la sua vita, in attenzione per chi era perduto e lasciato in disparte, facendo della sua esistenza una vita consegnata totalmente al Padre e spesa per gli altri. Gesù invita a tornare lì, alla concretezza del suo cammino umano a scoprire lì il senso della propria vita.

E invita anche a ripercorrere una storia di incontro, la storia di alleanza di Dio con il suo popolo. Invita a rileggere le Scritture. Dovremmo riandare alle Scritture, leggerle come parole che parlano di Dio ma che parlano anche della nostra umanità, condivisibili con tanti, credenti e non credenti, per scoprire il senso del vivere, gli orizzonti di una vicenda che ci pone a camminare sulla terra insieme.  Riscoprire in quelle parole contenute nella Scrittura le tracce di un volto e di una presenza, parole che coinvolgono in una storia in cui anche noi possiamo vivere l’esperienza dell’incontro con Gesù vivente. E farci accoglienza e risposta, nel nostro tempo, con una testimonianza mite.

Alessandro Cortesi op

L’immagine riprende  l’affresco del crocifisso del beato Angelico al Convento di san Domenico di Fiesole nella sala del Capitolo.

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