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commenti alla Parola della domenica e riflessioni

VII domenica del tempo ordinario – anno C – 2019

IMG_E3138.JPG1Sam 26,2-23; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38

“Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore. Ed ecco, come è stata preziosa oggi la tua vita ai miei occhi, così sia preziosa la mia vita agli occhi del Signore ed egli mi liberi da ogni angoscia”. Davide non sceglie la via della vendetta di fronte al re Saul che lo inseguiva nel deserto. Sceglie di non toccare il consacrato del Signore, il re. pur braccato Davide non uccide Saul. L’episodio si chiude con una preghiera che richiama alla preziosità di ogni vita davanti a Dio, e chiede la sua liberazione.

Davide attua in misura eroica l’atteggiamento sintetizzato da una regola rabbinica: “Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. Questa regola è anche presentata in altri modi nella Bibbia (ad esempio in Tob 4,15). Nel vangelo la formulazione compare, ed è presentata in senso positivo. E’ la ‘regola d’oro’ ripresa dalla tradizione ebraica e che attraversa le religioni e che Gesù allarga a dismisura i confini di questo invito. Non solo i vicini, gli amici, coloro con cui già è piacevole condividere e da cui si riceve del bene in cambio devono essere destinatari di cura e amore, ma addirittura chi è oppositore, nemico ed opera il male: “A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano”. E’ una tra le parole più provocatorie e rivoluzionarie di Gesù. Egli stesso l’ha vissuta rispondendo con il silenzio di resistenza davanti ai suoi persecutori e non usando violenza a fronte della ingiustizia e della violenza. E’ espressione della fiducia che solo il bene può generare altro bene fino a cambiare l’altro da nemico in amico, ed entrare nella logica del male non può che provocare inimicizia e violenza.

“A chi ti percuote la guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. Gesù indica un’opzione radicale per un atteggiamento di nonviolenza attiva che divenga opzione e stile di vita. Non è assuefazione al male, non è scambiare il male con il bene e ritenere che non vi sia differenza, è invece e piuttosto resistenza che si oppone al male e all’ingiustizia nel non riprodurre i medesimi meccanismi della violenza. Al cuore sta la fiducia che il contagio del bene può disarmare chi fa il male. Gesù propone una via della smilitarizzazione dei cuori.

Il prestito senza esigere interessi era previsto dell’Esodo e del Deuteronomio, pur se ristretto ai membri del popolo d’Israele: “Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio” (Es 22,24; cfr. Deut 15,7-11; 23,20-21: “allo straniero potrai prestare ad interesse ma non al tuo fratello…”). Anche i salmi offrono tale descrizione del giusto: “presta denaro senza fare usura e non accetta doni contro l’innocente” (Sal 15,5); ”felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia” (Sal 112,5). Gesù estende la richiesta a tutti. In tal modo approfondisce e interiorizza le indicazioni della legge. Suggerisce uno stile di vita nel dono senza calcoli, senza riserve. La ricompensa non è ‘qualche cosa’ ma consiste in un incontro e diviene accogliere la misericordia di Dio stesso: è quindi la gioia di incontro con il Dio misericordioso.

La radice di questo nuovo modo di intendere i rapporti sta nella misericordia di Dio: il Padre è fonte da cui è possibile trarre forza per vivere secondo questa logica nuova. “Se amate quelli che vi amano che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto… Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”

Matteo, nel discorso della montagna utilizza l’espressione ‘siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). Luca da parte sua individua nella misericordia la caratteristica propria di Dio: ‘siate misericordiosi come il Padre vostro…’. La vita al seguito di Gesù si concretizza in questa direzione di misericordia nell’impegno ad attuare la nonviolenza del cuore che si traduce in gesti di gratuità, cura e attenzione.

Alessandro Cortesi op

IMG_E3148.JPGNonviolenza attiva

«Lettore, io ti voglio raccontare, / nero su bianco, una nuova storia. / Su bianco e nero, oltre a ragionare, / è bene che ci sia buona memoria, / perché chi vive senza ricordare, / vive una vita cieca e senza gloria. / Se tu sei pronto anch’io sono pronto, / e qui comincia il mio lungo racconto».

Roberto Piumini ha ripercorso in un libro scritto in versi, con l’uso dell’ottava rima e accompagnato dalle illustrazioni di Paolo d’Altan (Alzati, Martin, ed. Solferino 2018) la storia di Martin Luther King, pastore battista, protagonista nella lotta per i diritti umani, disarmato assertore della nonviolenza come stile di vita di fronte ad ogni forma di oppressione. L’uso dell’ottava rima che richiama i poemi cavallereschi diviene così motivo per conoscere le vicende di un cavaliere senza armi che ha condotto una lotta coraggiosa e indomita per la giustizia nel suo tempo.

Martin Luther King aveva 39 anni quando fu assassinato a Memphis il 4 aprile del 1968. Fu colpito mentre dal balcone di un motel stava parlando alla folla venuta ad ascoltarlo. Era giunto a Memphis per sostenere la lotta dei lavoratori neri sfruttati.

La sua storia era iniziata quando aveva udito l’ordine perentorio ‘Alzati’. Aveva quattordici anni. Quel giorno stava tornando da Atlanta dopo aver partecipato ad un concorso: era insieme ad un suo insegnante e si era sentito apostrofare da quel grido perché non aveva lasciato il posto nell’autobus a due bianchi. Lui, afroamericano, considerato inferiore a motivo del colore della sua pelle.

Quel comando fece maturare in lui una reazione profonda che lo portò a cambiare, rovesciandolo, il significato di quell’ordine ricevuto. ‘Alzati’ per Martin, da allora, divenne parola d’ordine per un movimento di recupero di consapevolezza della propria dignità e di quella di tante e tanti come lui discriminati a causa di una condizione etnica o sociale. «A quel comando brusco, in un momento,/ nell’autobus, si spengono i rumori./ Tutti guardano Martin e la donna, che con le unghie si graffia la gonna».

Il libro di Piumini ricorda l’alzarsi di tanti tra cui i nomi più noti: tra di essi Rosa Parks che il 1 dicembre 1955 si rifiutò di alzarsi nell’autobus per lasciare posto ad un bianco. Rosa Parks ebbe a dire: «La gente dice sempre che non mi alzai perché ero stanca, ma non è vero. Non ero fisicamente stanca o più stanca del solito dopo una giornata di lavoro. Non ero vecchia anche se alcune persone pensano che lo fossi. Avevo 42 anni. No, la sola cosa di cui ero stanca era di cedere».

Sulla storia di Rosa Parks un altro bel libro per bambini è stato edito da Amnesty International: il suo titolo è L’autobus di Rosa scritto da Fabrizio Silei e con illustrazioni di Maurizio Quarello. La narrazione ha inizio ai nostri giorni con il racconto della visita di un nonno insieme al nipotino al museo Henry Ford in Michigan. Lì è custodito l’autobus su cui viaggiava quel giorno Rosa Parks e da lì il nonno inizia a ripercorrere quella storia di discriminazione e di resistenza nonviolenta.

Nel testo di Piumini si ricordano anche i gesti di persone sconosciute, come Claudette Colvin, una ragazza di Montgomery che prima di Rosa Parks aveva compiuto il medesimo rifiuto: «Molte teste,/ sui marciapiedi, si alzano a guardare,/ mentre Claudette, tirata per la veste,/ strilla, con la sua voce eccezionale:/ “È un mio diritto costituzionale!”»

Nelle biografie di Martin Luther King si ricorda che la sera in cui venne ucciso le sue ultime parole furono un augurio al cantautore Ben Branch che quella sera doveva cantare: “Ben, non dimenticare stasera di cantare Take My Hand, Precious Lord, e soprattutto di cantarlo bene!” E quella musica rinvia all’ideale che ha guidato il sogno di Martin nella sua vita, il sogno di un uomo, che sin da bambino aveva scoperto come ‘alzarsi’ significava seguire la via della nonviolenza e la lotta per una libertà da raggiungere mai da soli, ma insieme.

Alessandro Cortesi op

 

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