Ascensione del Signore – anno B – 2024
At 1,1-11; Ef 1,17-23; Mc 16,15-20
“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” Gesù tornerà: è questo l’annuncio della prima comunità. Il Risorto che ha vinto la morte non sarà più incontrato tornando al passato, ma viviamo ora nella sua assenza e Lui viene e tornerà E’ possibile ora vivere l’esperienza d’incontro con lui in modo nuovo, nella comunità, nei segni da lui lasciati in sua memoria, nell’operare dello Spirito che anima la missione dei credenti.
Alla richiesta degli apostoli di ‘conoscere i tempi e i momenti’, cioè prevedere il futuro, Gesù invita a non lasciare spazio a vana curiosità, a non lasciarsi distogliere da ciò che è più importanti. Sposta la loro attenzione, li invita a guardare il presente sperimentando sin d’ora il suo esserci in modo nuovo, nell’assenza. Chiede così di vivere l’attesa dando fiducia alla promessa del Padre; chiede di prepararsi a ricevere la forza dello Spirito. Lo Spirito scende come dono dall’alto e diviene fonte della testimonianza. La promessa del Padre è che tutti possano avere parte alla morte e risurrezione di Gesù. Lo Spirito è il dono di Gesù risorto e nello Spirito farà sentire la sua presenza. Dopo la Pasqua non sarà più possibile incontrare Gesù come prima, ma sarà possibile in modo nuovo, nella fede, nella forza dello Spirito. La sua presenza è reale tra noi e nel contempo è interiore e coinvolge l’intimo. ‘Una nube lo sottrasse al loro sguardo’: quando ci sono momenti di rivelazione di Dio nella Bibbia si richiama alla nube. Ora lo spazio di Gesù è lo spazio di Dio, una dimensione nuova rispetto allo spazio e al tempo umani che Gesù ha vissuto. La sua presenza continua e segnerà i cuori e si farà vicina nei segni del suo chiamare e passare: lo Spirito è dono che accompagna ad incontrarlo nella fede e rende testimoni della sua risurrezione ‘voi mi sarete testimoni’.
Alla fine del suo racconto Marco riporta un mandato di Gesù ai suoi: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura…”. Li invia a continuare quanto egli ha vissuto, l’annuncio della bella notizia del ‘regno’ (cfr Mc 1,12) e la testimonianza di segni di liberazione e di novità di vita (Mc 1,32-34). La Pasqua è evento che ha rivelato la signoria di Cristo sulla storia: è una signoria particolare perché si attua nel dono, nel servizio, nell’amore fino alla fine. I discepoli di Gesù sono ora inviati ad allargare lo sguardo, ad andare, a dare testimonianza di quanto Gesù ha fatto e detto. “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro”. I segni e la parola sono al centro della testimonianza: la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte è operante nella storia e procede con il corso della parola del vangelo, nonostante le contraddizioni. La testimonianza dei credenti dovrà confrontarsi con la fatica e il buio, ma conoscono la strada che Gesù ha percorso. Nel vangelo di Marco è questa la strada verso Gerusalemme, strada di fedeltà nell’essere uomo-per-gli-altri (Mc 10,45).
La seconda lettura offre un’ulteriore sottolineatura: ascensione è festa della comunità. Gesù non lascia la sua chiesa, ma dona la presenza dello Spirito che conduce nella relazione di amore del Padre e del Figlio. Anche la comunità vive questa fondamentale chiamata, la vocazione ad essere segno della comunione del Padre del Figlio e dello Spirito. Nella comunità che sperimenta e accoglie la molteplicità di doni e di servizi, si può fare esperienza dell’agire dello Spirito; non eliminando le differenze, e non appiattendo le diversità. La chiesa è chiamata ad offrire testimonianza di unità come relazione di scambio e di incontro, divenendo icona della vita trinitaria. L’ascensione è festa della glorificazione di Cristo nella sua umanità e coinvolgimento di noi tutti nella comunione che sgorga dalla sua morte e risurrezione.
Alessandro Cortesi op
Una Dichiarazione del Movimento nonviolento
«Dichiaro fin da questo momento, con atto formale, la mia obiezione di coscienza alla guerra e alla sua preparazione. Non sono disponibile in alcun modo a nessuna chiamata alle armi».
È questo il cuore della dichiarazione di obiezione di coscienza che il Movimento Nonviolento lancia con la Campagna di Obiezione alla guerra. Una risposta, immediata e convinta, alle dichiarazioni del Capo di Stato maggiore, il generale Masiello: “L’Esercito italiano va potenziato: servono più tecnologie e più soldati”, un chiaro messaggio al governo per avere più fondi per il comparto militare, come se non bastassero i 28 miliardi previsti per il 2024, e un avvertimento per l’opinione pubblica, che si prepari a provvedimenti da mobilitazione pre bellica, come il ripristino della leva. Non solo i militaristi fondamentalisti come Vannacci e Bandecchi si sono subito allineati, ma l’intero coro governativo, in perenne parata militare, intona il ritornello “dobbiamo prepararci al rischio di prossimi conflitti”. Dunque è tempo di rispolverare il motto “né un soldo né un uomo per la guerra”, che va aggiornato con l’aggiunta di “né una donna”, perché la chiamata alle armi riguarda ormai tutti e tutte.
La procedura per dichiararsi obiettori di coscienza è semplice: si compila e si sottoscrive la Dichiarazione di obiezione, che viene mandata ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio, al Ministro della Difesa e al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Viene anche chiesto alle autorità competenti che i nomi di coloro che sottoscrivono vengano inclusi in un apposito Albo dove siano elencati tutti gli uomini e tutte le donne che obiettano alla guerra e alla sua preparazione. In pratica si chiede di formalizzare l’elenco di coloro che fin da ora, e in futuro, non sono in alcun modo disponibili all’uso delle armi. Presso il Ministero della Difesa esiste già l’elenco degli obiettori di coscienza che hanno rifiutato il servizio militare dal 1972 in poi, così come presso l’Ufficio nazionale del Servizio Civile esiste l’elenco di tutti i giovani che dal 2001 in poi hanno già svolto il servizio civile.
La Dichiarazione, che può essere sottoscritta da tutti, giovani o adulti, donne e uomini, chiarisce che chi firma ripudia la guerra e vuole ottemperare al dovere di difesa della Patria con le forme di difesa civile e non militare già riconosciute dal nostro ordinamento, in linea con la Costituzione italiana (articoli 11 e 52). Inoltre chi aderisce a questa forma di obiezione di coscienza dichiara che non vuole sottrarsi al dovere di proteggere la comunità e quindi sollecita il Parlamento all’approvazione di una Legge per l’istituzione della Difesa civile non armata e nonviolenta.
Ai rumori di guerra sempre più forti, le cancellerie europee, incapaci di prendere iniziative concrete di pace, rispondono spingendo sull’opinione pubblica per far accettare la mobilitazione generale. La Russia ha annunciato il via libera alle esercitazioni con armi atomiche tattiche, dall’altra parte c’è chi ha già arruolato Dio come proprio alleato, e la Francia preme per l’invio di truppe nel teatro bellico. Gli ingredienti per far mettere l’elmetto e togliere la sicura, ci sono tutti.
La risposta immediata a questa follia in stile futurista, per cui “la guerra è la sola igiene del mondo”, è la fermezza del No, è l’obiezione di coscienza alle chiamata alle armi.
Mao Valpiana – Presidente del Movimento Nonviolento
La Dichiarazione di Obiezione di coscienza è disponibile sul sito del Movimento Nonviolento azionenonviolenta.it e può essere compilata direttamente dal format o scaricata e inviata personalmente. Nei primi giorni di campagna, sono già migliaia le dichiarazioni compilate e raccolte.
Verona, 6 maggio 2024
(Pubblicato su il Manifesto del 7 maggio 2024, p. 5)
Domenica di Pentecoste – 2024
At 2,1-11; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27;16,12-15
Negi atti degli apostoli la venuta dello Spirito a Pentecoste è presentata con riferimento ai prodigi dell’esodo (cfr. Es 19,3-20): le immagini del vento, imprendibile, e del fuoco che trasforma gli apostoli impauriti e li rende capaci di parola rinviano ai segni dell’esodo.
Lo Spirito genera un percorso contrario a quello di Babele o anche esprime la promessa insita in Babele, cioè il disegno di Dio di una umanità plurale e capace di comunicare: contro la pretesa di avere una sola torre e una sola lingua, a Pentecoste le lingue diverse e la possibilità di intendersi aprono ad una realtà nuova. Contro la pretesa di un unico dominio, la presenza di popoli diversi è un nuovo orizzonte. Babele è simbolo del progetto di potere di chi domina, a Pentecoste si attua invece la profezia di Gioele (3,1-5): ‘io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo…’.
Dio rimane fedele alla sua promessa e il dono dello Spirito per tutti i popoli della terra apre a scoprire nella diversità riconciliata di razze popoli e lingue un dono da accogliere. Ci si può riconoscere partecipi di una medesima famiglia, legati insieme fratelli e sorelle in rapporto al Dio dell’accoglienza e della comunione.
“Quando verrà il Consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza…” (Gv 15,26-27).
Il consolatore è colui che porta aiuto, sta accanto e sostiene: è ciò che ha compiuto Gesù nella sua vita. Così lo Spirito è presentato come la presenza vicina. Sarà il grande suggeritore e la grande guida: guiderà alla verità tutta intera. Lo Spirito è presentato con il profilo di un ‘tu’ personale: presenza interiore, non racchiudibile, vicina nel momento della prova, compagnia nella testimonianza quotidiana. Darà forza per essere testimoni della presenza di Cristo risorto nella storia. Lo Spirito accompagna ad incontrare il Risorto nei cammini della storia, guida così alla verità tutta intera. Il suo agire apre a comprendere sempre più la ‘verità’ vivente che è lo stesso Gesù Cristo. Nel IV vangelo verità non è infatti una dottrina da conoscere ma una presenza da incontrare. Lo Spirito introduce nel mistero della nascita, morte e risurrezione del Signore Gesù, nelle profondità della sua vita. Lo Spirito è totalmente rivolto a quanto Gesù ha compiuto: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annunzierà”. Lo Spirito è anche tutto rivolto al Padre e introduce nella relazione di comunione e di reciprocità: “Tutto quello che il Padre possiede è mio, per questo vi ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Gv 16,15).
Il dono dello Spirito genera una vita nuova: nella sua forza si può camminare secondo la legge dello Spirito, legge di libertà e di dono di sé. Paolo nella lettera ai Galati contrappone ‘legge della carne’ e legge dello Spirito. Fa così emergere il contrasto tra un modo di intendere la vita secondo un principio egoista, nella preoccupazione ripiegata sul proprio interesse e nella dimenticanza degli altri: è questa la legge della carne. Ad essa si oppone ad un’altra prospettiva. ‘Carne’ in tale contesto significa egoismo. A questo modo di intendere la vita si oppone radicalmente la ‘legge dello Spirito’ e ne sono indicati i suoi frutti: “…amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dono di sé”. Sono questi i segni di una vita disponibile a farsi orientare dalla forza dello Spirito. E’ forza che spinge verso l’altro, al servizio, al dono. Si apre così un camminare nello Spirito. Tale ‘camminare’ investe la quotidianità e si esprime in ‘frutti’ nella vita.
Alessandro Cortesi op