Un seminario su scienze religiose e insegnamento
Segnalo per chi fosse interessato
COMUNICATO STAMPA
Si terrà il venerdì 10 maggio pv dalle ore 15 alle 19 presso la sede Istituto Superiore Scienze Religiose della Toscana in piazza Tasso 1/A Firenze il seminario dal titolo “Ripensare gli Istituti Superiori di Scienze Religiose: per uno statuto accademico”. L’evento è promosso dalla rivista Egeria e dal Centro Espaces Giorgio La Pira di Pistoia e sorge da un’esigenza dell’attuale momento in cui sono in discussione nuovi orientamenti riguardanti la struttura degli ISSR.
Occasione immediata della riflessione è la pubblicazione del libro di Lino Prenna, già ordinario di pedagogia generale all’Università di Perugia ‘Dio fece tre anelli’ che accosta una riflessione sullo statuto disciplinare delle scienze religiose e degli ISSR ad una proposta concreta sull’insegnamento delle religioni nella scuola italiana.
Il seminario si articola in due momenti: un primo momento sarà dedicato alla configurazione disciplinare degli Istituti Superiori per l’insegnamento scienze religiose. Con un profilo non assimilabile né alle scuole di teologia per laici né ai dipartimenti di filosofia o storia delle religioni, essi si connotano per uno statuto particolare che richiede di essere approfondito al fine di evidenziarne le aree proprie di ricerca, di didattica, di metodologia.
Un secondo momento intende approfondire la questione connessa dell’insegnamento della religione o delle religioni nella scuola: l’attuale configurazione dell’Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola italiana ha radici nell’Accordo di revisione del Concordato lateranense tra Stato e Chiesa ma la situazione culturale del Paese vede trasformazioni rilevanti oggi da considerare anche per rispondere in modi nuovi ad esigenze di preparazione culturale nel contesto attuale e di formazione.
Per questo il seminario intende offrire sia un ascolto delle domande che provengono dai docenti di religione e affrontare i temi relativi al profilo degli insegnanti e alla loro formazione. Interverrà al seminario anche mons. Daniele Gianotti, vescovo di Crema e presidente del comitato della Conferenza Episcopale Italiana per gli studi superiori di teologia e scienze religiose.
Il seminario vedrà la partecipazione di docenti e studenti dell’ISSR della Toscana e della redazione della rivista Egeria Rivista di scienze religiose, espressione della ricerca dell’ISSR Toscana. Sarà possibile seguire a distanza l’evento inviando previamente richiesta di iscrizione a: info@bibliotecadeidomenicani.it.
In allegato si invia la locandina del seminario.
V domenica di Pasqua – anno B 2024
At 9,26-31; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8
L’immagine della vigna è familiare ad Israele ed alla Bibbia; l’ulivo con la vite è parte del panorama mediterraneo.
La vigna ritorna tante volte nei testi biblici: è segno del popolo d’Israele che Dio guarda con cura appassionata. E’ segno di promessa e benevolenza. D’altro lato parla di infedeltà, di dimenticanza e di durezza di cuore.
Anche nel IV vangelo la vite è immagine ripresa nei discorsi dell’ultima cena: attorno ad essa è tessuto il secondo discorso di addio di Gesù ai capp. 15 e 16, che succede in modo un po’ problematico al primo discorso che occupa i capp. 13 e 14 perché questo termina con le parole: ‘Alzatevi, andiamo via di qui’ (Gv 14,31). Il riferimento alla vite si può accostare alla benedizione sul vino, uno dei momenti del rito della pasqua ebraica. In tale contesto il richiamo alla vigna con le sue valenze di dolcezza e cura ma anche di drammatica infedeltà e giudizio, è ripresa. Gesù dice: ‘Io sono la vera vite’ e la vite diventa uno degli elementi che compare in una di queste formule ‘Io sono’ che il IV vangelo usa per indicare l’identità di Gesù.
La vite passa da essere rinvio ad Israele ad indicare la presenza stessa di Gesù: la vera vite è lui. Nella metafora si può cogliere la sua vicenda personale ma anche la dimensione comunitaria, la comunicazione di vita che da lui proviene. In lui si compie la cura e la fedeltà colma di affetto del Padre che la vite come simbolo racchiudeva. Ancora è lui che porta quei frutti che il Padre si attendeva: frutti di misericordia. Sono giunti allora in lui i tempi ultimi.
Ma nelle parole di Gesù questa identificazione della vite con la sua persona si apre anche ad un altro aspetto: in lui si compie una comunicazione nuova, una comunione di vita. Tutti coloro che a lui sono uniti e traggono la linfa che da lui proviene sono colore che credono nel suo nome: sono tralci viventi della sua stessa vita e potranno portare frutto in questo legame.
‘Rimanete in me’ è l’invito ripetuto più volte in questa pagina: all’inizio del IV vangelo alla domanda di Gesù ‘Che cosa cercate?’ i discepoli lo seguirono e ‘rimasero’ presso di lui lui (Gv 1,39). Il verbo ‘rimanere’ dice una familiarità di vita, un legame di amicizia, una intimità di condivisione. L’offerta di amicizia di Gesù ai suoi genera una reciprocità: i tralci rimangono nella vite ma è anche Gesù che rimane nei suoi e sta qui la possibilità di portare frutto.
L’essere discepoli di Cristo si attua nei frutti che esprimono lo stile della sua presenza e il senso della sua vita. Gli stessi tralci non vivono da soli, distaccati gli uni dagli altri, ma insieme: Gesù propone ai suoi un ‘rimanere’ che implica accogliere e vivere come comunità. Motivazione e forza dello stare insieme sta nella forza di vita che da lui proviene. “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
Alessandro Cortesi op