la parola cresceva

commenti alla Parola della domenica e riflessioni

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VI domenica di Pasqua – anno B – 2024

At 10,25-48; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17

“In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga”

La scoperta di Pietro nella casa di Cornelio, un pagano e un lontano, sorge innanzitutto dall’esperienza. Pietro si è lasciato condurre fuori dalla sua casa dalla forza dello Spirito, da una chiamata dello Spirito espressa nei termini del sogno e della visione, per entrare nella casa dell’altro, in una casa che Pietro poteva ritenere estranea alla possibilità di incontro ma anche dall’esperienza di Dio. Cornelio era un pagano, appartenente ad un mondo guardato come lontano e senza speranza. Per i pagani la possibilità di salvezza era vista solo nei termini di una loro condivisione della religione di Israele, accogliendo tutte le norme e osservanze previste dalla tradizione. Pietro ragionava nei modi di chi considerava innanzitutto con distanza e disprezzo i pagani, gli altri; ma era anche convinto che il mondo dei pagani fosse lontano da Dio.

L’esperienza di uscita dalla sua casa, del lasciarsi accompagnare verso la casa dell’altro, apre a Pietro un orizzonte nuovo. Nell’essere accolto come ospite Pietro vive un incontro umano, in cui scoprirsi nella sua umanità di fronte all’altro, e nell’altro, di fronte al suo volto, riconosce la medesima umanità. Anzi Pietro scopre che quel pagano è un uomo che nutre un senso della presenza di Dio nella sua vita e pratica la giustizia. Lo stile di vita di Cornelio, il suo agire manifestano un cuore aperto ed anche un esempio di ricerca di quanto è autentico nella vita umana e la rende piena. Praticare la giustizia è segno di un’apertura a riconoscere gli altri e di disponibilità a percorrere i sentieri della fraternità. Nella sua ospitalità Cornelio si manifesta uomo aperto all’incontro e capace di riconoscere la preziosità del volto dell’altro.

Pietro scorge tutto questo non in una teoria ma nel concreto dell’esperienza dell’incontro, nella quotidianità di vita di una casa abitata da molte presenze. Quell’incontro diviene per Pietro un passaggio fondamentale per ripensare il suo rapporto con Gesù e con il vangelo. Il Dio di Gesù non fa preferenze, è presenza vivente che si dà ad incontrare – come Gesù aveva raccontato – nelle pieghe della vita, nei cuori aperti alla sua Parola che pervade la realtà, le persone, e si fa percepire nell’incontro, nel dialogo.

Nella casa di Cornelio Pietro vive una delle sue conversioni. Aveva vissuto accanto a Gesù la conversione dalla sua pretesa di grandezza a riconoscere la sua debolezza e incapacità, a lasciarsi prendere dalla grazia di uno sguardo di accoglienza e perdono. Ora vive un altro passaggio: dal Dio delle religioni e delle appartenenze, dal Dio che esclude al Dio che sorprende sempre ed apre strade nuove: strade di incontro, di ospitalità, di giustizia.


“Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola”

E’ lo Spirito santo il grande protagonista nascosto di questa pagina:è lui che spinge Pietro ad uscire, è Lui che spinge Cornelio a cercare e accogliere, è ancora Lui che spalanca nuove vie alla Parola, che fa ardere il cuore di Cornelio al racconto di Pietro che ricorda Gesù, la sua vita, il suo donarsi. E’ lo Spirito che scende come respiro nuovo che conduce a vivere non una religione delle opposizioni e delle esclusioni ma una fede che lascia il primato al Dio accogliente che ha un sogno di pace, al Dio più grande dei nostri pensieri che suscita incontro ed apre novità inedite nei cuori e nelle case.

Lo Spirito guida anche oggi i cammini e attende di essere accolto nella disponibilità ad ascoltare la Parola, ad uscire e allargare gli orizzonti.

Alessandro Cortesi op

Un seminario su scienze religiose e insegnamento

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COMUNICATO STAMPA

Si terrà il venerdì 10 maggio pv dalle ore 15 alle 19 presso la sede Istituto Superiore Scienze Religiose della Toscana in piazza Tasso 1/A Firenze il seminario dal titolo “Ripensare gli Istituti Superiori di Scienze Religiose: per uno statuto accademico”. L’evento è promosso dalla rivista Egeria e dal Centro Espaces Giorgio La Pira di Pistoia e sorge da un’esigenza dell’attuale momento in cui sono in discussione nuovi orientamenti riguardanti la struttura degli ISSR.

Occasione immediata della riflessione è la pubblicazione del libro di Lino Prenna, già ordinario di pedagogia generale all’Università di Perugia  ‘Dio fece tre anelli’ che accosta una riflessione sullo statuto disciplinare delle scienze religiose e degli ISSR ad una proposta concreta sull’insegnamento delle religioni nella scuola italiana.

Il seminario si articola in due momenti: un primo momento sarà dedicato alla configurazione disciplinare degli Istituti Superiori per l’insegnamento scienze religiose. Con un profilo non assimilabile né alle scuole di teologia per laici né ai dipartimenti di filosofia o storia delle religioni, essi si connotano per uno statuto particolare che richiede di essere approfondito al fine di evidenziarne le aree proprie di ricerca, di didattica, di metodologia.

Un secondo momento intende approfondire la questione connessa dell’insegnamento della religione o delle religioni nella scuola: l’attuale configurazione dell’Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola italiana ha radici nell’Accordo di revisione del Concordato lateranense tra Stato e Chiesa ma la situazione culturale del Paese vede trasformazioni rilevanti oggi da considerare anche per rispondere in modi nuovi ad esigenze di preparazione culturale nel contesto attuale e di formazione.

Per questo il seminario intende offrire sia un ascolto delle domande che provengono dai docenti di religione e affrontare i temi relativi al profilo degli insegnanti e alla loro formazione. Interverrà al seminario anche mons. Daniele Gianotti, vescovo di Crema e presidente del comitato della Conferenza Episcopale Italiana per gli studi superiori di teologia e scienze religiose.

Il seminario vedrà la partecipazione di docenti e studenti dell’ISSR della Toscana e della redazione della rivista Egeria Rivista di scienze religiose, espressione della ricerca dell’ISSR Toscana. Sarà possibile seguire a distanza l’evento inviando previamente richiesta di iscrizione a: info@bibliotecadeidomenicani.it.

In allegato si invia la locandina del seminario.

Una via crucis con il pensiero a Gaza

Vivere oggi la via crucis implica ricordare quanti oggi soffrono per l’oppressione e l’ingiustizia. Una via crucis con il pensiero a Gaza. E’ stata preparata con il gruppo AGESCI Pt3 – Pistoia

qui sotto scaricabile

172° giorno di guerra.
“Tu, mio rifugio, mio scudo! Spero solo in te: non deludere la mia attesa”
(Sal 118, 114. 117)
Signore, non è cessato il fuoco né si è fermata la guerra a Gaza
La Striscia è ancora sotto i bombardamenti, la gente in preda alla morte di chi non
ascolta né le nazioni Unite né la pietà e continua la carneficina.
Giovedì Santo di fame, di sete, di morte.
Gli ospedali, attaccati, assaliti e demoliti, non possono più accogliere per guarire, come
Al-Shifa.
I piccoli e i poveri gridano aiuto ma gli aiuti non vengono fatti passare per chi muore di
stenti.
Per questo gridiamo a te, Signore, salvaci! In questa Settimana Santa di morte, «non
deludere la mia attesa”.
Da chi possiamo aspettare la salvezza se non di te? Tu sei il nostro sostegno, tu sei la
nostra pace. Tu sei il Padre di tutti.
Al più presto agisci tu, o Padre. Porgi la tua mano e ferma la morte e la guerra.
Signore, pietà.
(Michel Sabbah, patriarca emerito di Gerusalemme, 28 Marzo 2024)

Tutte le preghiere di mons. Sabbah sono scaricabili dal sito http://www.bocchescucite.org

III domenica di Avvento – anno B – 2023

Is 61,1-2.10-11; 1Tess 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28

“Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri”. Il profeta riconosce al cuore della sua vita un invio: mandato a portare il lieto annuncio ai poveri nella forza dello Spirito. E’ inviato per la gioia: deve porre gesti di cura e liberazione, fasciare piaghe dei cuori, liberare i prigionieri. Il suo annuncio si rende vicino in gesti di liberazione. La prassi da attuare indica lo stile di Dio, la misericordia ed apre un tempo segnato dalla misericordia. Questa novità segna la vita del profeta e lo coinvolge per primo: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza”. Il mantello della giustizia lo avvolge perché “il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti”. Lo sguardo si allarga a comprendere un sogno di giustizia e di pace che coinvolge tutte i popoli chiamati ad accogliere una azione di Dio stesso che pur tra le contraddizioni sta facendo germogliare una novità nella storia.

Nella pagina del vangelo Giovanni il battista è chiamato a rendere testimonianza in rapporto a Gesù. Giovanni sperimenta il rifiuto della sua azione ed è accostato con ostilità e sospetto. Ma le sue risposte a chi lo interroga sono tutte rivolte ad un altro: la sua missione di ‘testimone’ lo orienta in rapporto alla luce ed in questo si oppone alle tenebre della violenza. “Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce”. Così parla di se stesso quale ‘voce’ che richiama a preparare una via: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore”. La sua esistenza è rivolta verso, indica qualcuno, è protesa ad una preparazione e suscita una ricerca: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me”. Il gesto da lui proposto a tutti, l’immersione come battesimo intende coinvolgere in questa ricerca e attesa. E’ preparazione e chiede cambiamento e conversione. Attesa e disponibilità per un cambiamento della vita. Tutta l’attenzione è fatta convergere su Gesù. Nei tratti del Battista si può ritrovare il profilo dell’uomo di Dio: nella prova, consapevole della propria fragilità, pur affrontando le delusioni per il mancato riconoscimento e le sofferenze per il rifiuto, si mantiene fedele, testimonia la luce. Vive la testimonianza di una gioia che viene da Dio, dal suo dono. E prepara un incontro.

“Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4,4-5): Paolo indica una gioia che non è fuga dalla storia e nemmeno chiudere gli occhi di fronte a tutto ciò che angustia e opprime. Rallegrarsi non è l’attitudine dei superficiali e degli indifferenti ai drammi ed alle tragedie della stori e del vivere, ma lo stile di chi accoglie il venire del Signore. Non è illusione vana ma lo sguardo profondo che trae la sua forza dal fatto che il Signore è vicino. E il Signore è vicino perché è entrato in questa nostra storia legandola a sé in modo definitivo. Continua a farsi vicino nelle chiamate all’interno della storia personale e collettiva. E’ vicino perché attendiamo il suo ritorno come raduno e come incontro, fine della storia, porto di ogni navigazione. La radice più profonda della gioia sta nella consolazione di una presenza che viene.

Alessandro Cortesi op

XXX domenica tempo ordinario A – 2023

Es 22,21-27; 1Tess 1,5-10; Mt 22,34-40

“Maestro qual è il più grande comandamento della legge?

Nella risposta di Gesù al dottore della legge, che voleva metterlo alla prova, compare più volte il verbo riferito all’amare. La parola ‘amore’ può significare tante cose: ‘agape’ indica tuttavia un modo particolare di amare. Nella lingua greca si ritrovano altri termini per indicare l’amore: uno tra essi è ‘eros’. Nel mito greco  Eros è figlio di Poros (astuzia) e Penia (povertà), Eros è brutto e va in cerca della bellezza e nel cercare se la cava sempre con astuzia e furbizia: l’amore in questa prospettiva proviene dalla mancanza ed è movimento di tensione di desiderio per raggiungere ciò che non possiede. E’ una forza che segue l’esigenza di un riempimento perché ‘manca di qualcosa’. E’ certamente energia di apertura ad altro ma è sempre un movimento che vede come punto di partenza l’io che ha bisogno e che desidera.

L’agape orienta in modo nuovo questo movimento: chi ama secondo l’agape va incontro all’altro non per colmare un vuoto ma recando un dono anche per chi non è amabile. Agape indica quindi un amore di dono e di ‘gratuità’. E’ un modo di amare che apre orizzonti totalmente nuovi rispetto all’amore come forza spontanea ed impulso di desiderio. Dio solo ama così e se come persone umane possiamo sperimentare tale tipo di amore è per l’accoglienza di un dono che non viene da noi.

L’indicazione presente nel Primo testamento di non prestare ad interesse non ha altra motivazione se non che il volto di Dio è così: Dio dà senza interesse, è lui la coperta del povero. Gesù chiede ai suoi un amore che comprende anche i propri nemici, perché Dio è così.

Imparare ad amare secondo la prospettiva indicata da Gesù – ‘ama il Signore, ama il prossimo come te stesso’ – è la grande questione dell’esistenza cristiana, la domanda che investe la nostra intelligenza ma chiede cambiamento di vita, nel segno dell’accoglienza. Nella società del ‘mercato globale’ dove tutto si desidera e compra o dove tutto si perde ed è inavvicinabile, le parole di Gesù sono domanda aperta per noi, per una gratuità da testimoniare in modo discreto, consapevoli che è opera di Dio.

Alessandro Cortesi op

In preghiera per la pace

Qui è possibile scaricare la traccia della serata di preghiera per la pace Pistoia con i testi e i canti.

san Domenico Pistoia 26 ottobre 2023 ore 21.15

Traccia di preghiera

In preghiera per la pace

Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;

mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia. (Sal 137,5-6)

«In questo momento tutto sembra parlare di morte ma noi non vogliamo restare inermi. Per questo sentiamo il bisogno di pregare, di rivolgere il nostro cuore a Dio Padre. Solo così potremo attingere la forza e la serenità di vivere questo tempo, rivolgendoci a Lui, nella preghiera di intercessione, di implorazione, e anche di grido» (P.B. Pizzaballa patriarca di Gerusalemme)

Smoke rises following Israeli strikes in Gaza, October 7, 2023. REUTERS/Mohammed Salem

Qui si possono scaricare testi per la preghiera di oggi 17 ottobre 2023 per la pace nella terra di Palestina, per aprire sentieri di giustizia e di riconoscimento dei diritti…

In memoria di Rosino Gibellini (1926-2022)

“Questa mattina si è spento serenamente nella fede p. Rosino Gibellini (22 luglio 1926 – 25 novembre 2022). L’Editrice Queriniana ricorda con gratitudine, stima e affetto colui che è stato suo promotore e direttore letterario per lunghi anni. Dell’Editrice egli ha segnato il cammino, radicato nella tradizione, e la visione, aperta al futuro. Teologo noto a livello internazionale, egli ci lascia nelle sue molte opere una eredità che non si spegne. Ora è giunto là dove si sapeva atteso”.

Con questo sobrio annuncio ricco di fede e serenità la casa editrice Queriniana annuncia la morte di Rosino Gibellini, teologo che ha contribuito in modo determinante ad aprire la teologia italiana alla conoscenza e al dialogo con il cammino delle teologie contemporanee in Europa e in tutto il mondo.

Teologo prospettico, come amava definirsi sapeva leggere il presente e volgersi al futuro con sguardo ampio e apertura di mente. E’ stato animatore della casa editrice Queriniana, ha fondato collane di studi teologici fondamentali ed ha lavorato infaticabilmente alla edizione italiana della rivista “Concilium”. Aveva contatti diretti di amicizia e colloquio con i grandi autori e prestava con laboriosità e umiltà il suo prezioso servizio di intelligenza della fede nel tempo.

Sapeva scorgere con acutezza i luoghi creativi della teologia ed ha valorizzato la dimensione contestuale della teologia alimentando lo sguardo al futuro. Attento alle frontiere del pensiero teologico riusciva a cogliere i nuclei generatori del pensiero di autori e correnti teologiche aprendole alla conoscenza e offrendone sintesi magistrali.  

Profondo conoscitore della grande tradizione e dei principali contributi al Vaticano II era attento a tutti i cammini di rinnovamento teologico sorti proprio dal Concilio. La sua attenzione agli orizzonti del dialogo ecumenico e interreligioso, alla teologia dei segni dei tempi e alle voci più creative del mondo teologico ne fanno uno dei maestri e testimoni della teologia in Italia.

Lo ricordo con profonda gratitudine per l’attenzione che ha voluto offrire ad attività promosse dal Centro Espaces Giorgio La Pira di Pistoia, portando il suo contributo ad importanti momenti e convegni, con disponibilità e amabilità nel dialogo, nell’offerta del suo consiglio profondo e lungimirante, dedicando accoglienza ai libri e studi che nel tempo gli abbiamo inviato. R.I.P. (ac)

XXX domenica tempo ordinario – anno C – 2022

Sir 35,12-14.16-18; 2Tim 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14

Nella parabola del giudice iniquo e della vedova (cfr. Lc 18,1-8) Luca aveva indicato la preghiera come atteggiamento di chi, povero, sta davanti al Dio fedele, ed aveva anche insistito sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi. La preghiera per Luca è attitudine di chi si scopre povero e si apre alla consapevolezza dello sguardo di un Dio che “ascolta la preghiera dell’oppresso”. A seguire Luca presenta una parabola di Gesù che pone a confronto due modi di pregare: c’è infatti una falsa preghiera che si oppone ad un pregare autentico.

“Gesù disse questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. …”. Gesù così narra di due uomini che salgono al tempio, uno di loro è persona religiosa e osservante, il fariseo, l’altro è un esattore delle tasse,  per la sua attività è legato al denaro ed è lontano da tuto ciò che riguarda la religiosità: è il pubblicano. Si recano al medesimo luogo, il tempio, ma con due atteggiamenti profondamente diversi.

La preghiera del fariseo è espressione di una tensione religiosa alta e profonda, propria del fariseismo. Era questo un gruppo laicale presente nel panorama sociale d’Israele del I secolo, caratterizzato da un’adesione convinta alla legge, e dalla tensione a cercare come attuare la legge nelle situazioni diverse della vita e della storia: i farisei erano per questo attenti a far sì che vi fosse una coerente fedeltà. Dal punto di vista storico i farisei erano un gruppo assai impegnato e vicino anche alla sensibilità di Gesù. A differenza dei sadducei, legati al tempio e alla classe dei sacerdoti e aristocratici, i farisei erano laici. La preghiera del fariseo esprime la vita di un uomo attento e scrupoloso nel suo impegno. La sua vita è retta davanti a Dio e agli altri. E tutto ciò è buono. Tuttavia il modo in cui si pone nella preghiera manifesta una attenzione su di sé, un presentarsi come ricco di meriti che fanno concentrare l’attenzione sulla sua persona, sul suo valore e non sul dono di Dio. Egli presenta a Dio i suoi buoni comportamenti avvertiti come possesso e come successo e non chiede nulla. Si manifesta quasi un tentativo di piegare Dio alla sua grandezza piuttosto che un chinarsi alla bontà di Dio stesso. La sua rettitudine si accompagna ad un atteggiamento di disprezzo verso gli altri.

Dall’altra parte Gesù presenta il profilo del pubblicano, un uomo consapevole della propria situazione e del suo peccato: esercitava un mestiere mal visto e impuro. Non è a suo agio nel tempio, luogo di culto. La sua preghiera è essenziale e si riduce ad un’invocazione: ‘Dio, abbi pietà di me peccatore’. In poche parole esprime tuttavia la consapevolezza di non aver nulla di cui vantarsi e la supplica di essere accolto e perdonato.  Non pone al centro pretese né autosufficienza. E’ sincero e senza difese nella verità della sua vita, e si pone nelle mani di Dio. Egli riceve il perdono di Dio, accoglie la sua misericordia perché è libero dal proprio io, dal vanto per qualche grandezza o ricchezza. “Io vi dico: questi tornò a casa giustificato”. Gesù lo indica come esempio di autentica preghiera che è esperienza di gratuità e di salvezza.

Alessandro Cortesi op

Gesù: una spiritualità per il nostro tempo

Albert Nolan, domenicano del Sudafrica ha concluso in questi giorni il suo percorso terreno.  Nato nel 1934 entrò nell’Ordine domenicano nel 1954, spinto dalla lettura degli scritti di Thomas Merton. Ha condotto gli studi in Sudafrica poi a Roma. Ha avuto modo di approfondire lo studio sui movimenti di liberazione in molti viaggi che l’hanno condotto a conoscere diverse situazioni di crisi nel mondo. La sua attività apostolica è stata dedicata agli studenti universitari. Come cappellano universitario ha accompagnato l’associazione dei Giovani Studenti Cristiani. In stretta relazione con tale impegno pastorale ha approfondito la sua ricerca teologica. In Sudafrica Albert Nolan negli anni 70 fu punto di riferimento per molti giovani che lottavano per la liberazione. Al capitolo generale di Roma del 1983 fu eletto Maestro generale dell’Ordine, ma rinunciò all’elezione per poter continuare il suo impegno attivo nella lotta di liberazione in Sudafrica. Il suo libro “Gesù prima del cristianesimo” fu pubblicato nel 1976 data che coincide con l’evento dell’insurrezione di Soweto, mentre in quegli anni Nelson Mandela era in prigione con una condanna all’ergastolo per la sua lotta all’apartheid in Sudafrica. Il libro ha visto molte traduzioni.  In italiano è stato tradotto dalle edizioni Dehoniane di Bologna nel 1986.

Nel 1985 esce un testo ecclesiale contro l’apartheid, elaborato dall’Istituto di Teologia Contestuale di Johannesburg (Sudafrica), dove Nolan operava: egli è uno tra coloro che maggiormente contribuiscono a queste presa di posizione che affonda le sue radici nella teolgia ma prende posizione in modo chiaro sulle vicende politiche del Sudafrica: fu undocuemnto che segnò il futuro processo di democrazia nel Paese.

Nel 1988 fu seguito dal testo “Dio in Sudafrica” che offre una proposta teologica in attenzione ai percorsi di liberazione. Nel suo testo pubblicato nel 2006 Jesus Today. A Spirituality of Radical Freedom ha presentato una lettura della condizione del tempo ed una proposta della spiritualità di Gesù per l’oggi.

Un tratto del suo impegno è stata la correlazione tra visione teologica e radicamento nel contatto con le situazioni concrete e con tante persone con cui aveva modo di confrontarsi così da elaborare una teologia in rapporto alla vita. Insegnò in particolare presso l’Istituto di Teologia Contestuale ed è stato fondatore e direttore della rivista Challenge. Il suo contributo risultò fondamentale durante l’elaborazione del Documento Kairos, che esprime il coinvolgimento della chiesa sudafricana nella lotta di liberazione.

Gesù prima del cristianesimo

Il libro è espressione della ricerca teologica di Nolan unita al suo impegno ed al momento della sua pubblicazione ha offerto uno sguardo rinnovato su Gesù ed indicato vie per una testimonianza cristiana nel mondo contemporaneo.  

Così scriveva nell’introduzione del libro: “…La fede in Gesù non è, dunque, il nostro punto di partenza. Essa sarà, spero, il nostro punto di arrivo. Con questo non si vuol evidentemente dire che ho scritto il libro con l’intento apologetico di salvare Gesù o la fede cristiana. Gesù non ha davvero bisogno che io, o chiunque altro, lo salvi. Ritengo che possa bastare a se stesso, perché la verità può bastare a se stessa. Se dunque la nostra ricerca della verità ci conduce alla fede in Gesù, ciò avverrà non perché abbiamo voluto salvare questa fede ad ogni costo, ma soltanto perché l’abbiamo riscoperta come il solo mezzo per noi di venire “salvati” o liberati. Soltanto la verità, nient’altro, ci renderà liberi (Gv 8,32)”.

Nolan scrive: “Molti milioni di persone, lungo i secoli, hanno venerato Gesù, ma pochi lo hanno compreso e pochissimi sono quelli che hanno cercato di praticare ciò che egli desiderava realizzare. Le sue parole sono state travisate al punto che possono significare qualunque cosa, tutto e nulla. Si è usato e abusato del suo nome per giustificare crimini, per impaurire bambini, per spingere uomini e donne a compiere eroismi insensati. Gesù è stato più spesso onorato e venerato per ciò che non intendeva dire che per quello che ha effettivamente detto (…)

La fede cristiana nel cielo sorse dopo la morte di Gesù, assieme all’idea che egli per primo era stato assunto in cielo ed esaltato alla destra di Dio. Ma la buona notizia del regno riguardava, almeno come punto di partenza, le condizioni che si sarebbero realizzate già qui sulla terra, quando i poveri non sarebbero stati più poveri, gli affamati sarebbero stati saziati e gli oppressi non avrebbero più conosciuto nessuna delle loro miserie. L’affermazione più sbalorditiva sul regno di Dio non è quella secondo cui il regno è vicino, ma l’affermazione che esso sarà il regno dei poveri, e che i ricchi, fintanto che restano ricchi, non vi entreranno (Lc 6,20-26). (…) Gesù emerse tra i suoi contemporanei (e anche fra moltissimi dei suoi successivi discepoli) come colui che riconobbe alle donne esattamente lo stesso valore e la stessa dignità degli uomini. Maria di Betania, ad esempio, scelse la parte migliore, quando si pose ai suoi piedi come discepola, invece di lasciare questo ruolo ai soli uomini, o di limitarsi ad aiutare Marta in cucina (Lc 10,38-42). Il regno di Dio sarà una società, in cui non vi saranno né prestigio né status, nessuna divisione della gente in inferiori e superiori. Ciascuno sarà amato e rispettato,non per la sua cultura o il suo patrimonio, o i suoi antenati o la sua autorità o il suorango, o la sua virtù o per altre cose che possa avere, ma solo perché è una persona,come chiunque altro”.

E scrive ancora: “Muovere da Dio per capire Gesù, invece di partire da Gesù per capire Dio, è come mettere il carro davanti ai buoi. Ma è proprio quello che hanno voluto fare molti cristiani, con la conseguenza che si sono trovati, in genere, invischiati in una serie di speculazioni prive di senso, speculazioni che riescono solo a intorbidire la questione, e impediscono a Gesù di rivelarci Dio. Dire ora, all’improvviso, che Gesù è divino, non muta la nostra comprensione di Gesù; muta solo la nostra comprensione della divinità. Non soltanto non ci interessano più certi dèi come il denaro, il potere, il prestigio, l’ambizione; non ci interessano più nemmeno le vecchie immagini di un Dio personale, perché desideriamo unicamente trovare il nostro Dio in Gesù e in ciò che egli esprimeva. Accettare Gesù come nostro Dio significa accettare colui che egli chiamò Padre come nostro Dio. Il nostro Dio è sia Gesù che il Padre. Per la loro sostanziale unità, o «totale identità», quando noi adoriamo l’uno, adoriamo anche l’altro. E tuttavia occorre distinguerli, essendo soltanto Gesù visibile a noi, soltanto Gesù la nostra sorgente di informazione sulla divinità, soltanto Gesù il Verbo di Dio.

Se consideriamo Gesù come nostro Dio, dovremmo concludere che il nostro Dio non vuole essere servito da noi; vuole servirci. Non vuole che gli sia dato il rango più alto, o lo status più prestigioso che ci è possibile reperire nella nostra società; al contrario, vuole occupare il posto più basso, ed essere senza alcun rango o status. Non vuole essere temuto o obbedito, vuole essere riconosciuto nei poveri e nei deboli; non è supremamente indifferente e distaccato, ma anzi è irrevocabilmente coinvolto nella liberazione dell’uomo, avendo scelto di identificarsi con tutti gli uomini, con spirito di solidarietà e compassione. Se questa non è un’immagine veritiera di Dio, allora Gesù non è divino. Ma se è un’immagine veritiera di Dio, allora Dio è più genuinamente umano, più profondamente umano di qualunque uomo. Egli è quello che Schillebeeckx ha chiamato un Deus humanissimus, un Dio supremamente umano. Per l’uomo che riconosce Gesù come suo Dio, l’umano e il divino sono fusi in modo tale che rappresentano un solo e unico valore. In questo senso, la divinità di Gesù non è qualcosa di totalmente diverso dalla sua umanità, qualcosa che dobbiamo aggiungere alla sua umanità; la divinità in Gesù non è altro che la trascendente profondità del suo essere umano. Gesù era infinitamente più umano degli altri uomini, ed è ciò che noi, appunto, consideriamo il valore sommo, nel momento che lo riconosciamo come nostro Signore e nostro Dio.

In ultima analisi, la fede non è un certo modo di parlare o di pensare; è un certo modo di vivere, e può essere espressa solo nella viva realtà. Riconoscere Gesù come nostro Signore e Salvatore ha un senso soltanto se cerchiamo di vivere come egli visse, e di conformare la nostra vita ai suoi valori. Non abbiamo bisogno di teorie su Gesù; abbiamo invece bisogno di «ri-produrlo» nel nostro tempo e nelle nostre attuali circostanze”.

Jesus Today. A Spirituality of Radical Freedom

In questo testo è presentata innanzitutto una lettura della condizione del tempo. Albert Nolan ha continuato così quanto aveva espresso nel suo testo Gesù prima del cristianesimo: “All’inizio della fede in Gesù c’è quindi il tentativo di leggere i segni dei nostri tempi, così come Gesù leggeva i segni dei propri tempi. Ci sono naturalmente delle analogie, ma ci sono anche delle differenze. Non possiamo limitarci a ripetere ciò che Gesù disse. Possiamo invece cominciare ad analizzare i nostri tempi, nello stesso spirito con cui egli analizzò i propri. Dovremmo cominciare, esattamente come lui, con la compassione: compassione per i milioni di esseri umani che muoiono di fame, per quelli che sono umiliati e rifiutati, e per i miliardi di individui del futuro, che soffriranno a causa del modo in cui noi oggi viviamo. È solo quando, come il buon samaritano, scopriamo la nostra comune umanità, che cominceremo a sperimentare ciò che sperimentò Gesù. Soltanto coloro che stimano sopra di ogni altra cosa la dignità dell’uomo, in quanto uomo, sono in sintonia con Dio, che creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, e che «non fa preferenza di persone» (At 10,34)”.

Egli introduce il libro scrivendo: “In realtà ciò che dobbiamo affrontare è appunto l’oggi, i nostri tempi. Troppo spesso viviamo in una specie di mondo dei sogni che non guarda in faccia i problemi e i pericoli del presente. Secondo certi cristiani si può prendere sul serio Gesù senza preoccuparsi molto di quello che succede nel mondo circostante. Eppure la spiritualità di Gesù era strettamente legata al contesto. Egli leggeva i segni dei tempi e insegnava ai suoi discepoli a fare altrettanto (Mt 16,3-4). Prendiamo sul serio Gesù quando, tra le altre cose, cominciamo a leggere i segni dei nostri tempi con onestà e sincerità (…) Vorrei suggerire che la spiritualità di Gesù può essere più che mai importante oggi. Io l’ho chiamata ‘spiritualità della libertà radicale’… ho tentato di proporre una spiritualità pratica per il nostro tempo, radicata in quella di Gesù” (Cristiani si diventa, EMI 2014)

In questa lettura dei segni dei tempi Nolan evidenzia come nei fenomeni sociali e esistenziali in atto si manifesti un bisogno profondo della radicale libertà che proviene dalla spiritualità di Gesù. Di Gesù Nolan sottolinea la carica rivoluzionaria nella sua proposta di non rinchiudere un’appartenenza entro i limiti della famiglia di sangue e aprendo l’orizzonte alla vasta famiglia del regno di Dio. Lo sguardo di Gesù, capace di contestazione e di critica non fu mai un giudizio di condanna verso le persone ma il suo agire era orientato alla cura ed alla guarigione. Egli stesso visse un percorso di trasformazione personale che nelle testimonianze evangeliche si può cogliere nella sua ricerca del silenzio e di momenti di solitudine. Nolan sottolinea come Gesù abbia vissuto un cammino interiore per giungere ad essere un uomo pacificato in se stesso giungendo a scorgere con lucidità la sua missione. La sua attitudine di fondo era la gratitudine, nel rivolgersi a Dio riconoscendo nella vita ordinaria la presenza delle ausa benedizione. Il suo sguardo era rivolto ai piccoli che egli poneva al centro della sua attenzione e della vita della comunità. Gesù è stato profondamente legato alle relazioni, alle persone ma ha anche vissuto il distacco come atteggiamento di gratuità nei confronti persone, situazioni e delle cose.

“L’intera vita di Gesù è stata un’espressione di questo amore incondizionato. Abbiamo visto come ha raggiunto tutti gli individui che ha incontrato, siano essi governanti o mendicanti, santi o peccatori. Ogni persona è amabile, a prescindere da quanto possa essere ipocrita. L’amore autentico è sempre incondizionato”.

Gesù ha vissuto come uomo libero, vivendo una radicale libertà interiore quale mezzo per porsi a servizio verso Dio e verso gli altri.

“L’azione di Dio a volte sembra essere molto lenta. Forse perché non sempre apprezziamo l’immensità di ciò in cui siamo coinvolti. Tuttavia, proprio perché è l’azione di Dio, il futuro è sicuro. C’è speranza per l’universo e per ciascuno di noi come individui. Quando morirò, il mio ego, il mio falso io, sarà distrutto una volta per tutte, ma il mio vero io continuerà per sempre in Dio, il Sé dell’universo”.

Alessandro Cortesi op

Lettera di solidarietà

Riporto qui di seguito la traduzione italiana della Lettera di solidarietà alla Famiglia domenicana in Ucraina, sottoscritta dai promotori di Giustizia e pace domenicani della regione Europa.

Disegno di una donna rifugiata ucraina

Lettera di solidarietà con la Famiglia domenicana in Ucraina

All’incontro dei promotori domenicani di giustizia e pace in Europa del 24 giugno 2022 abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare una relazione del nostro confratello Petro Balog, priore di Kiev. Ci ha parlato delle sofferenze causate alla popolazione civile dall’ingiusta aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina dal 24 febbraio 2022. Ci ha comunicato il dolore e l’apprensione per le vittime della guerra, per i milioni di sfollati e rifugiati, per tutti coloro che sono stati privati delle loro case e di tutti i loro beni.  Ci ha anche raccontato dell’impegno della famiglia domenicana in Ucraina a stare accanto alla popolazione sofferente, ad accompagnare gli sfollati, a dare rifugio ai civili durante gli attacchi alle città e i bombardamenti.

La situazione in Ucraina sfida noi domenicani a offrire la nostra riflessione e il nostro impegno per contrastare la logica della guerra, per trovare modi per ridurre la violenza, per promuovere modi di nonviolenza attiva per combattere le aggressioni e i crimini ingiusti e per costruire la pace nella giustizia. Nella fedeltà al Vangelo siamo chiamati a testimoniare che la guerra e le armi non portano soluzione ai conflitti e generano ingiustizia e sofferenza. 

Ricordiamo l’invito di papa Francesco:

“Gesù ha tracciato la via della nonviolenza, che ha seguito fino in fondo, fino alla croce, con la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia (cfr. Ef 2,14-16). Pertanto, chi accoglie la Buona Novella di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta dentro di sé e si lascia guarire dalla misericordia di Dio” (Messaggio per la Giornata della Pace 2017).

Desideriamo esprimere la nostra solidarietà al popolo ucraino e in particolare alla Famiglia domenicana in Ucraina in questo momento di dolore e violenza. Preghiamo il Signore per loro affinché ci sia una fine immediata delle ostilità, si possano trovare le vie per costruire la pace nella giustizia, si possano accogliere e confortare le tante persone che soffrono.

Negli ultimi mesi, l’ondata di solidarietà internazionale dei Paesi occidentali, in particolare verso il popolo ucraino, ha dimostrato che è possibile attuare politiche concrete di sostegno, accoglienza e protezione. Allo stesso tempo, questa situazione ha messo in evidenza la differenza di trattamento dell’Europa nei confronti delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina rispetto al trattamento riservato ai migranti in fuga da altre terre come l’Afghanistan, l’Iraq, il Medio Oriente, i Paesi dell’Africa sub-sahariana, ecc. Come ha ricordato suor Pilar Del Barrio nel suo intervento alla riunione dei promotori, l’attenzione alla vicenda dell’Ucraina dovrebbe renderci più sensibili alle sofferenze dei popoli dimenticati e alle tante guerre in corso nel mondo.

Nell’esprimere la nostra solidarietà alla famiglia domenicana ucraina, invitiamo le nostre comunità a promuovere l’attenzione a tutte le situazioni di violazione dei diritti fondamentali nel mondo, e in particolare a mettere in atto scelte di accoglienza e solidarietà, privilegiando i progetti di missione che esprimono compassione per chi fugge da guerre e violenze.

28 giugno 2022

Di seguito le firme dei promotori che hanno sottoscritto la lettera

– Alessandro Cortesi op – promotore regionale JP Europe

– Manuel Rui – promotore di JP Portogallo

– Stephen Cummins op – promotore di JP Irlanda

– Petro Balog – promotore di JP Ucraina

– Ivan Attard – promotore di JP Malta

– Francesco Compagnoni op – promotore di JP Prov. San Domenico Italia

– Richard Finn op – Direttore dell’Istituto Las Casas per la Giustizia Sociale – Oxford

– Gabriele Scardocci op – vice promotore di JP Prov. Romana s. Caterina Italia

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