la parola cresceva

commenti alla Parola della domenica e riflessioni

Domenica II di Pasqua – anno A – 2023

At 2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31

“mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi'”

Nel racconto del IV vangelo dapprima è narrato il venire di Gesù e l’esperienza del riconoscimento di lui vivente; è poi presentata la missione dei discepoli. Il tutto avviene alla sera e in un luogo in cui i discepoli hanno condiviso la cena prima della passione. Sono questi elementi importanti perché racchiudono un valore simbolico: la sera è momento del buio, l’assenza di luce che accompagna l’intera vicenda della passione. Quando Giuda uscì dal cenacolo, annota il IV vangelo, ‘era buio’, e così pure quando vennero ad arrestarlo con armi e lanterne, uniche luci nelle tenebre. E’ sottolineata poi la realtà di un buio interiore del rifiuto e della disperazione. Per contrasto la vicenda di Gesù è presentata come luce: ‘in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini…”.

Così il luogo dove sono i discepoli richiama quello stesso della cena, al loro mangiare insieme di Gesù e ai suoi gesti di quel momento. Ma ora i discepoli non vivono più i sentimenti di quel momento ma sono presi dalla paura, chiusi come il luogo dove si trovano, bloccati nel timore. In questo contesto di buio e di paura essi fanno esperienza di una novità e di capovolgimento non dovuto alla loro iniziativa ma che li ha coinvolti in un’esperienza inattesa e gratuita. L’incontro con Gesù risorto è presentato come esperienza più forte delle porte chiuse. Essi sperimentano nel loro cuore che la paura è stata vinta. Anche la morte non ha più potere.

Fanno esperienza di un venire loro incontro di Gesù che li raduna ancora attorno a sé stando al centro del loro ritrovarsi: stette in mezzo a loro. Il racconto offre una veste narrativa ad esperienza interiori e profonde. Le narrazioni dette ‘apparizioni’ di Gesù nei vangeli sono il racconto dell’esperienza della prima comunità dopo la Pasqua: i discepoli non attendevano nulla e l’iniziativa di farsi incontro è di Gesù stesso. La sua presenza non è programmata, il suo venire irrompe gratuitamente e suscita stupore. Il suo farsi ‘vedere’ non è riconosciuto ma chiede un percorso di apertura. E’ questa l’indicazione che l’incontro con Gesù risorto si è compiuto nel maturare un’esperienza di affidamento. E quella esperienza di fede della prima comunità è messaggio rivolto a noi, alla nostra esperienza di fede. Siamo invitati a riconoscere Gesù vivo e presente nella nostra vita con uno sguardo trasformato, capace di un vedere nuovo.

Il primo saluto di Gesù risorto è un dono di pace. E’ dono che va letto in rapporto alle ferite delle mani e del costato mostrate ai discepoli. Chi ‘venne’ non è un altro: è il crocifisso risorto. Nell’offrire come dono la pace si attua una rivelazione: ‘mostra’ ai suoi discepoli le ferite. Nei IV vangelo il tema della pace è connesso alla passione e risurrezione di Gesù (14,27; 16,33; 20,19-26). E’ pace diversa da quella del mondo: non elimina morte e sofferenza, ma apre ad accogliere il cammino di Gesù: ‘Io ho vinto il mondo’ (Gv 16,33).

I discepoli riconoscono nei segni delle mani e dei piedi i segni del servo, dell’agnello. E ‘gioirono’. Il secondo dono della Pasqua è la gioia. E’ una gioia particolare: perché apre ad accogliere la gioia del Padre e la gioia di Cristo che si è consegnato. E’ una gioia che non dimentica la croce, ma che proprio nella croce legge il manifestarsi di un volto come amore che si dona. In questo sta la ‘gloria’ di Dio. La’ dove vi sono pace e gioia sono presenti i segni del Risorto e vi sono tracce per poterlo riconoscere presente. In ogni percorso umano in cui la pace è praticata per superare conflitti e laddove c’è apertura alla gioia che conduce a superare paure, lì vi sono tracce della presenza del Risorto.

Nella seconda parte di questa pagina racconto Gesù compie un invio. Rende partecipi di una missione: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi… alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito santo “. I discepoli sono inviati a  continuare l’opera di Gesù. Nell’invio Gesù dona lo Spirito: si attua una ricreazione, come quando ad Adamo fu dato lo spirito (Gen 2,7) e come quando al popolo disperso nel deserto di ossa inaridite lo Spirito riportò vita (Ez 37,9). I primi discepoli di Gesù vissero dopo i giorni di Gerusalemme della sua passione una trasformazione che vissero come dono. Da lì ha inizio la missione di portare una corrente di dono. Gesù chiede ai suoi di continuare la sua missione. E’ lo Spirito il grande protagonista dell’esperienza della fede e della testimonianza che da quel momento ha inizio.

Alessandro Cortesi op

Riflettendo sul dono della pace e dello Spirito…

“La pace e la giustizia devono essere comprese e interpretate l’una alla luce dell’altra. L’insistenza dei profeti sulla giustizia ci mette in guardia dall’arrenderci all’ingiustizia e dallo scendere a compromessi con essa, dalla passività che è codardia, dalla complicità o dalla preservazione della nostra propria pace a spese di altri, specialmente dei deboli che non hanno voce e potere per difendere la loro dignità e i loro diritti. Come cristiani, noi crediamo che la vera pace sarà assicurata dalla sequela di Cristo, anche se spesso noi rifuggiamo dal seguirlo fino in fondo. La rinuncia alla violenza scaturisce da quell’amore che si rivolge anche al nemico per trasformarlo e per superare l’inimicizia e la violenza. Questo amore è pronto a soffrire in un modo attivo. Esso smaschera il carattere ingiusto dell’atto violento, rende responsabile chi usa violenza, invita il nemico a una relazione di pace (Mt 5,38-48; Gv 18,23). La via della nonviolenza è contrassegnata dalla promessa di Gesù di una terra di pace (Mt 5,5). Anche nel riconoscere il problema dell’autodifesa e il dovere dello stato di proteggere i suoi cittadini, dobbiamo sempre confrontarci con la vita, con l’insegnamento e l’esempio di Gesù Cristo”.

(…)

il processo ecumenico a favore della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato, è, prima di tutto, opera dello Spirito santo. In unione con lo Spirito possiamo continuare a impegnarci con gioia e con coraggio. Crediamo che lo Spirito santo è la più profonda sorgente della vita, della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato.

(dal documento finale della Assemblea ecumenica europea ‘Pace nella giustizia’ – Basilea 1989)

Navigazione ad articolo singolo

Lascia un commento