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commenti alla Parola della domenica e riflessioni

S. Natale 2020 – messa della notte

Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge… Il Natale quest’anno ci raggiunge nella notte. Per le doverose limitazioni di questo tempo di pandemia non è la notte della tradizionale messa a mezzanotte ma è un’altra notte: è la notte dei popoli e dei cuori. E’ questa notte la situazione che ha coinvolto in questo tempo della pandemia una parte del mondo ricca e che in fondo dava per scontato una sicurezza da difendere. Ed invece anche questa parte di mondo si è scoperta nella stessa condizione della maggioranza dell’umanità segnata da tante crisi e da tante notti. Ed è quindi notte per riflettere, per sostare, per cambiare direzione…

E’ questa notte il primo motivo di questo Natale che ci provoca ad interrogarci, a stare svegli. I pastori vegliavano nella notte e anche noi possiamo vegliare, cioè esercitare quella capacità di tenere occhi aperti e orecchie attente in questo buio che pervade la nostro vita. E’ una notte segnata da tanto dolore, i tanti morti di questo tempo, i malati, tutte le famiglie segnate dal lutto, le tante sofferenze diffuse e silenziose di chi ha perso lavoro e vive l’incertezza sul futuro proprio e dei propri cari, di chi ha fame e sperimenta una pesante solitudine, di coloro a cui è stato richiesto una dedizione e fatica oltre misura per assistere e curare – per vegliare appunto – sugli altri. In questo Natale siamo provocati a stare svegli, a non lasciarci illudere da false illusioni o da facili promesse di ritorni alla normalità… quale normalità? Questa notte pone domande che conducono a guardare lontano, a leggere le attese più profonde della nostra vita.    

Sono le notti della nostra vita personale e della vita collettiva: i momenti in cui sperimentiamo più chiaramente che siamo fragili, che non ce la facciamo con le nostre forze, in cui rivolgiamo un grido di aiuto perché qualcuno ci venga vicino e ci salvi. E sono queste le notti in cui è richiesto uno stare svegli, un non lasciarsi appesantire e distrarre da ciò che non è essenziale.  

Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce... Nella storia biblica Dio interviene sempre in punta di piedi e nella notte. Pensiamo alla notte in cui Abramo è invitato a guardare verso le stelle, alla notte della lotta di Giacobbe, alla notte dell’esodo, alla notte in cui Davide ascolta la voce che lo chiama, alla notte dell’esilio in cui il popolo nelle tenebre ‘vide una grande luce’, fino alla notte di Betlemme, alle notti della preghiera di Gesù, alla notte del Getsemani, alla notte della Pasqua. La storia di Israele e la testimonianza di Gesù ci dicono che Dio passa nella notte. Nella notte non siamo soli, ma una luce viene e vince le tenebre che non riescono a trattenerla: è la luce che si rende presente in tutti i messaggeri – volti che stanno spesso in secondo piano, presenze discrete ma che portano avanti la storia – che annunciano le vie della giustizia e della pace. Sono i messaggeri di un Dio che si fa vicino non nella grandezza e nella potenza ma nell’inermità di un bambino.

La pandemia ci ha posto davanti agli occhi che un sistema di dominio e di devastazione dell’ambiente ha rivelato i suoi piedi d’argilla smascherando le incoerenze di una società malata di egoismo, di primeggiare, di pensarsi senza gli altri. Ha fatto cogliere come un mondo costruito sulla ricerca del profitto, sulla competizione e sull’esclusione non ha futuro. A fronte di confini sbarrati ai movimenti dei poveri che vengono respinti e tenuti prigionieri come invisibili, un invisibile virus ha varcato ogni barriera e chiusura manifestando che siamo tutti connessi, che il bene di alcuni non può essere tale senza considerazione al bene di tutti, che l’indifferenza ed esclusione comporta perdita di umanità e minaccia di vita per tutti. Nella notte ci sono fessure di luce, bagliori che sono il passare di Dio che chiama in ogni tempo e in ogni luogo e dona luci da accogliere, al di fuori di ogni programma e sistema umano o religioso, se stiamo svegli, se sappiamo scorgere cammini nuovi.

Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».… Il segno è un bambino, l’annuncio è invito alla gioia. Possiamo imparare alcune indicazioni da questo segno. Questo Natale sarà vissuto in modo più raccolto, forse più interiore. Possiamo apprezzare i doni racchiusi nel nostro quotidiano, nelle case, nei luoghi di ogni giorno, luoghi in cui Dio stesso viene a visitarci. Possiamo lasciarci ospitare in questo incontro scorgendo che Gesù ci manifesta un volto di Dio che visita la nostra povertà e pochezza. Entra nei nostri limiti, ci accoglie nelle fragilità, ci visita nelle nostre notti.

Posiamo anche imparare la semplicità, che non è ingenuità o superficialità, ma accogliere la luce di una presenza: al centro del Natale sta un bambino. Dio ci visita nei volti e si fa incontrare laddove si riconosce il dono dei volti. Sono i volti dei senza nome della storia, sono i volti dei dimenticati e degli oppressi e di chi si spende per la giustizia. Quel bambino, visitato dai pastori ci ricorda che Dio si lascia incontrare da chi si mette in cammino, si muove verso i volti di coloro che sono tenuti fuori perché per loro non c’è posto.

Possiamo imparare allora a scorgere il Natale come movimento di ospitalità e di cura. Abbiamo scoperto in questo tempo della pandemia la preziosità della presenza di coloro che in tanti modi si sono presi cura degli altri: personale sanitario, insegnanti, volontari, operatori nei servizi, nella vita sociale, persone cha hanno garantito sostegno ai più deboli. Nell’oscurità e nello sconforto di questo tempo segni di luce sono riflessi di quella luce che apparve nella notte dei pastori, una luce ai margini della storia, tra dimenticati ed esclusi. Qualel luce richiamava ad una presenza da incontrare, da inseguire, non solo in un giorno ma nel quotidiano dell’esistenza.

Alessandro Cortesi op

Voci di un Natale diverso

Raccolgo alcune voci per sostare in questo Natale e per viverlo come momento in cui stare svegli nella notte e accogliere un annuncio di gioia:

“La notte di Natale nel racconto cristiano, sappiamo, annuncia la venuta al mondo del “Salvatore”. Esiste un modo laico per leggere la potenza di questo racconto? Ai miei occhi si tratta dell’evento che rende la vita umana immensamente sacra. Nel tempo traumatico del Covid la festività del Natale ci ricorda che ogni morte non è mai una morte anonima ma è la morte dell’immensamente sacro. Agostino riflette sul gesto di Maria, narrato dall’evangelista Luca, di collocare il suo “primogenito” in una umile mangiatoia sottolineando l’equivalenza del corpo di Gesù con quella del nutrimento. Questo Natale non sarà il tempo della festa, ma quello che ci obbliga a pensare all’esistenza di un altro nutrimento rispetto a quello a cui ci siamo abituati nella nostra mondanizzazione del Natale. La sofferenza e i morti di questo terribile anno ci invitano a farlo”. (Massimo Recalcati, Covid, istruzioni per un altro Natale, La repubbblica 21 Dicembre 2020)

“…E, pure naturalmente obbedendo a ogni prescrizione anti contagio, è lecito domandarsi se, di seconda ondata in terza, una volta finita l’epidemia un fondo di diffidenza verso l’altro sconosciuto non ci resterà addosso; se guariremo da questo irrigidimento, da questa freddezza e quasi paura del prossimo, che del Covid sono un triste effetto collaterale. Non continueranno a difendersi gli anziani, i più minacciati, anche una volta sconfitto il virus? E i bambini che sono andati a scuola per la prima volta nel 2020, e per prima cosa hanno imparato che bisogna stare distanti l’uno dall’altro, dimenticheranno questo innaturale imprinting, e torneranno normali?

Il timore, speriamo infondato, che l’epidemia ci stia insegnando anche un altro modo di stare in rapporto fra noi. I gesti, gli abbracci, la vicinanza fisica sono già una lingua, e una lingua universale. Noi italiani la parlavamo molto bene, generosamente, la bella lingua del corpo. Se ci ritrovassimo cambiati sarebbe un impoverimento, un altro segno lasciatoci addosso da questa ma- lattia globale. Auguriamoci allora anche, insieme alla fine dell’emergenza e dei lutti e alla ripresa dell’economia e del lavoro, una ‘piccola’ cosa per l’anno che viene: di poter ritrovare la semplice gioia di un abbraccio fra amici, e perfino solo di una stretta di mano, di quelle forti, vere” (Marina Corradi, Non scordiamo gli abbracci, Avvenire 20 dicembre 2020).

Oggi cosa fanno e chi sono i giovani? «La storia è sempre andata avanti in un rapporto tra minoranze “virtuose”, innovatrici, e maggioranze più conformiste, sostanzialmente più egoiste. Ci sono però momenti in cui le minoranze influiscono in modo determinante sulla Storia, e sui comportamenti e le idee delle maggioranze. C’è una novità in questi ultimi anni: è rappresentata dai gruppi e gruppetti di ragazzi che sentono il dovere di occuparsi di chi soffre, degli immigrati, dei “subalterni”… Sentono il dovere di occuparsi della natura, dei rischi che comporta la violenza nei suoi confronti esercitata dal capitalismo – e dal consumismo che ci rende tutti suoi complici». Hanno un peso sociale queste minoranze attive?«È difficile che queste minoranze alzino la testa in un anno pessimo come il 2020, di fronte a una minore tensione tra ceti sociali unificati da un sistema culturale pesantemente conformista se non reazionario. Però diversi segnali di un risveglio ci sono e il futuro, con le sue storture crescenti, spingerà le nuove leve a cercare nuovi modi di agire per contrastare il disastro»” (Mirella Serri, Intervista a Goffredo Fofi: si stanno risvegliando i giovani, “La Stampa 20 dicembre 2020)

“Sappiamo bene che la vita è fatta di alti e bassi, di luci e ombre. Ognuno di noi sperimenta momenti di delusione, di insuccesso e di smarrimento. Inoltre, la situazione che stiamo vivendo, segnata dalla pandemia, genera in molti preoccupazione, paura e sconforto; si corre il rischio di cadere nel pessimismo, il rischio di cadere in quella chiusura e nell’apatia. Come dobbiamo reagire di fronte a tutto ciò? Ce lo suggerisce il Salmo di oggi: «L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. È in lui che gioisce il nostro cuore» (Sal 32,20-21)” (Papa Francesco, Angelus 29 novembre 2020)

“…forse sarà un Natale in cui capiremo meglio chi, anche nel Natale degli anni precedenti, non aveva comunque nessuno con cui festeggiare o sentiva di non avere alcun motivo per farlo. Ma soprattutto speriamo che sia un Natale più autentico, in cui essere più “vicini” a chi è solo, soffre e attende una parola amica e un aiuto solidale. Non ci mancano mai le occasioni per offrire doni di “vicinanze” di questo tipo, neppure in mezzo alle restrizioni sanitarie… Il Natale cristiano vuole trasmettere proprio questa fiducia che il Signore viene nella nostra vita (anche quando non te l’aspetti o forse soprattutto quando non te lo aspetti) e rende possibile l’impossibile”. (Eugenio Bernardini, già moderatore della Tavola valdese, Avvento. Il Signore viene nella nostra vita e rende possibile l’impossibile, “Il Fatto quotidiano” 20 dicembre 2020)

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