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commenti alla Parola della domenica e riflessioni

I domenica di Avvento – anno A – 2022

Is 2,1-5; Rom 12,11-14; Mt 24,37-44

Avvento è tempo di attesa, tempo di vigilanza. Il Dio biblico è Dio che viene e continua a venire in un dialogo che apre alla fede, si è reso vicino in Gesù e continua a comunicarsi nella storia. Le prime domeniche di avvento richiamano a questo venire e spingono a considerare il senso profondo del cammino umano.

‘Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci’: Isaia guarda con gli occhi della profezia il monte del Signore, la città di Gerusalemme e vi scorge una città di pace, dove i popoli si radunano. E’ un sogno di pace sulla storia umana ed un annuncio che il disegno di Dio per tutta l’umanità è disegno di incontro e di convergere di cammini diversi dei popoli.

La pagina del vangelo di Matteo raccoglie insegnamenti di Gesù sul tempo ultimo, che non è un appuntamento del futuro, ma chiede attenzione al presente. Tutto è rapportato all’ora del venire del ‘Figlio dell’uomo’. Cristo risorto ritornerà e nei suoi confronti non si potrà rimanere indifferenti. Questa ‘ora’ tuttavia non è nascosta in un lontano futuro ma segna il presente. Gesù richiama così ad una attesa carica di attenzione. Ai tempi di Noè ‘mangiavano e bevevano…  non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e ingoiò tutti’. Queste parole di Gesù denunciano un modo di vivere distratto, ripiegato solo sull’immediato, nell’egoismo che non si fa carico degli altri. E’ il modo di vivere superficiale e spensierato che non si lascia turbare, che non guarda attorno. Noè è invece indicato come uomo capace di leggere i segni, le chiamate di Dio ed ha operato fattivamente per la vita degli altri. L’arca è segno di impegno a raccogliere i frammenti e custodire la speranza. Matteo quindi invita a tenere gli occhi aperti sulla vita e sulla storia per scorgere i segni delle chiamate di Dio.

Vegliare è termine della cura ed indica l’attenzione al presente. Anche se proteso al futuro chi veglia è impegnato qui ed ora nelle piccole cose del presente. Vegliare comporta quindi prendere sul serio il tempo e la storia e nel contempo è attesa di un dono di incontro con Gesù risorto Signore della storia.

Vegliare esige di vincere il sonno: ‘ormai è tempo di svegliarvi dal sonno’ scrive Paolo nella lettera ai Romani, ‘gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce’. E’ fatica da riprendere ogni giorno nuovamente: questo sonno è il grande pericolo della vita del credente perché è il sonno della pigrizia, dell’indifferenza, della fuga dalla responsabilità. Gesù ha indicato lo stile da seguire: l’attenzione ai piccoli e ai poveri, la condivisione nel cammino di una comunità, la convivialità aperta e ospitale, il servizio.

Vincere il sonno oggi per noi è appello ad accogliere le parole di Isaia: ‘un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra’. Significa impegno per aprire vie di pace nonostante tutte le contraddizioni: la pace è il disegno di Dio sulla storia. E’ cammino che inizia sin d’ora ed ha il suo futuro nella riconciliazione quale dono di Dio nel cuore e tra i popoli.

Vincere il sonno che fa scendere nelle tenebre della morte oggi si declina come resistenza verso tutte le forze che conducono ad una mentalità di guerra, di rincorsa ad armarsi per dominare.   

Alessandro Cortesi op

Richiesta di perdono

Siamo qui davanti a Te / Padre della pace e della vita

Il sogno di Isaia è annuncio di pace / ed apre una via di speranza:

“Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, / delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, / non impareranno più l’arte della guerra”

Siamo qui Signore a chiederti perdono / perché ci siamo lasciati prendere / dalla follia della guerra

e non abbiamo seguito i sentieri dell’educazione alla pace / a partire dal nostro cuore.

Siamo qui a chiederti perdono / perché non abbiamo fatto nostra la preghiera ‘Su di te sia pace’

e non siamo stati testimoni di nonviolenza e di impegno.

Ti chiediamo perdono / perché non abbiamo scelto le armi della luce

ma ci siamo lasciati dominare dalla logica della guerra

e poniamo fiducia nelle tante armi / che portano distruzione e morte.

Ti chiediamo perdono per il nostro sonno / perché voltiamo le spalle alle sofferenze degli altri

e rimaniamo indifferenti al silenzioso grido della creazione ferita.

Ti chiediamo perdono / perché non coltiviamo attese grandi

respiro ampio e sguardo capace di scorgere lontano / e abbiamo smarrito lo stupore

di sperare e sognare / fraternità, giustizia, pace

perché siamo ripiegati nella paura / che ci isola e allontana gli uni degli altri.

Ti chiediamo la conversione del cuore / per fare nostro il sogno dei profeti

per attendere e costruire il mondo nuovo

in cui l’ascolto apre alla parola / che lentamente costruisce e non distrugge

e i popoli possono incontrarsi.

Ti chiediamo la conversione del cuore

per prenderci cura / per divenire artigiani di pace / a partire dal nostro quotidiano

per essere pronti / per imparare ad attendere

il tuo continuo venire / Dio alla ricerca dell’umanità

ed accogliere le tue chiamate / nel cammino di questa nostra storia.

(ac)

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