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commenti alla Parola della domenica e riflessioni

IV domenica del tempo ordinario – anno C – 2022

Ger 1,4-5.17-19; 1Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30

I compaesani di Gesù, i più vicini, si comportano verso Gesù ricercando privilegi. Pretendono di conoscere Gesù in quanto uno dei loro, per appartenenza familiare e sociale, e la loro preoccupazione, di fronte ai suoi gesti di guarigione di liberazione, mira a trarre vantaggio dalla sua presenza ponendolo in una contrapposizione tra ‘noi’ e ‘gli altri’.

Ma Gesù segue un’altra logica: il suo agire non mira al successo, all’affermazione, non mira neppure a suscitare stupore per il prodigioso. E’ lontano da una religiosità dei miracoli. Con i suoi gesti intende comunicare una bella notizia per i poveri: è iniziato un nuovo tempo in cui vivere un rapporto con Dio e con gli altri nell’orizzonte della fraternità.  Nel suo agire si rivolge ai poveri, ai dimenticati, a coloro che sono considerati ‘gli altri’, gli esclusi dai circuiti della ricchezza e della religione.

Così i compaesani pretendono da lui segni. Ma Gesù ricorda due episodi presenti alla memoria di Israele. Sono racconti di segni prodigiosi avvenuti nella quotidianità e al di fuori dei confini stabiliti.  In essi sono protagonisti due profeti, Elia e Eliseo e due figure di pagani, una vedova e un lebbroso. Questi racconti contengono il messaggio che l’amore di Dio è per tutti e soprattutto Dio sceglie i poveri, coloro che si aprono a Lui senza avere potere e sicurezze umane. Ogni pretesa di trattenere Gesù di considerarlo ‘dei nostri’ è così resa vana, come pure quella di pensare di rinchiuderlo entro ciò che si conosce di lui.

Ricordando la vedova di Sarepta che non aveva più nulla da mangiare nel tempo della carestia e accoglie nella sua casa il profeta Elia e Naaman il lebbroso recatosi da Eliseo varcando confini non solo geografici, Gesù contesta una religiosità fatta di pretese, di privilegi, di appartenenze, di ricerca di vantaggi, che in fondo nasconde solo un sete di potere. 

Ma è proprio questo a suscitare sospetto e rifiuto, perché pone in crisi ed apre a necessità di cambiamento nel modo di intendere i rapporti con l’altro. Tutto questo non è accettato dai suoi compaesani di Nazareth: “pieni di sdegno si levarono, lo cacciarono fuori dalla città…”. Questo rifiuto manifesta la falsa ricerca di chi insegue un volto Dio che risponda a proprie pretese di superiorità  e bisogni.

I due esempi ricordati indicano che la fede è presente e vive al di là dei confini stabiliti, è cammino aperto a tutti, sta nei percorsi dei poveri che sanno aprirsi all’accoglienza e si mettono in cammino. Nella visita di uno straniero o negli incontri quotidiani si attua il segno, cioè miracolo, della visita di Dio. Per questo Gesù si dirige verso Cafarnao la città straniera. Ripercorre così i passi dei profeti: “Nessun profeta è accetto nella sua patria’.

Gesù viene quindi presentato da Luca con il profilo del profeta. Accoglie su di sè e fa propria la parola di Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò… io sono con te per salvarti”.

Alessandro Cortesi op

La vedova di Sarepta

Leggo nel sito di Radiobullets un reportage giornalistico di Barbara Schiavulli dall’Afghanistan, da Kabul (17 gennaio 2022): “Ieri dopo un lungo viaggio, sono arrivata in Afghanistan. Un paese in piena crisi umanitaria, sociale ed economica. Un paese dove 23 milioni di persone su una popolazione di 38 milioni − hanno bisogno di assistenza umanitaria. Un paese dove la società civile è stata cancellata e le donne vivono intrappolate nelle loro case. Si parla di un milione di bambini a rischio morte per fame. Malnutrizione a livelli mai visti. E mentre i talebani negano la crisi e puntano il dito su quel marcio che c’era prima, sperando che l’Occidente li riconosca, cerchiamo di andare a vedere cosa succede a quattro bambini dall’altra parte della capitale, in periferia. (…) Attraversiamo un cancello, un pezzetto di terra innevato, ed entriamo in una stanza nella quale veniamo investiti dall’odore del fumo della legna bruciata dalla stufa al centro. Piccoli pezzetti di legna che però sono troppo umidi per scaldare veramente. Intorno ci sono quattro bambini che ci guardano incuriositi, ma senza troppo interesse”.

La visita è alla casa di Adigol un afghano che lavorava nell’esercito prima della fuga degli occidentali nell’agosto scorso ed ora vende scarpe usate in paese. Con questo lavoro sostenta la sua famiglia moglie e tre figli. Da qualche tempo ha accolto nella sua povera casa alcuni bambini trovati abbandonati per la strada. Benché la sua attività, quando va bene, gli consenta di guadagnare 100 afghani al giorno, circa 83 centesimi (!!) cerca di provvedere per quanto può anche a loro provvedendo per lo meno un riparo. Ma la situazione è desolante.

Il racconto della giornalista continua presentando l’incontro con Adigol nella sua casa e la decisione di recarsi al mercato. E, dopo aver cambiato 100 dollari (circa 10.000 afghani) il loro procedere all’acquisto di alimenti di base, di coperte e di altro materiale per offrire un piccolo sostegno alla famiglia di Adigol. Tra le cose anche qualche giocattolo per i bambini. Al loro ripresentarsi nella casa sono i bambini a trovare nuova vivacità e a fare festa di fronte all’inatteso dono. “… scoppiano in un sorriso ed è come se la stanza improvvisamente fosse pulita e luminosa. Toglie il fiato anche a noi. Sono così emozionati che non tirano fuori neanche le bambole dalle scatole: le guardano sorridendo come se fosse cioccolato”.

“Quando ce ne andiamo quella stanza non è più silenziosa come quando siamo arrivati. Ci sono risate, sorrisi e tante parole. E sappiamo bene di non aver cambiato la loro vita. Di non aver fatto alcuna differenza, se non per un minuto, ma una cosa è successa: quei bambini hanno costretto noi adulti ad allearci per aiutarli. Sono stati loro a fare la differenza in noi”.

Anche oggi vi sono segni da scorgere in una storia segnata da ingiustizie e povertà. Sono le presenze di quella vedova di Sarepta che rivive e si rende presente in volti che manifestano dove Dio si rende vicino e richiamano ad un cambiamento nella nostra vita.

Alessandro Cortesi op

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