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commenti alla Parola della domenica e riflessioni

II domenica di quaresima – anno B – 2018

IMG_2209.jpgGn 22,1-18; Rm 8,31-34; Mc 9,2-10

Nelle prima letture del tempo di quaresima in quest’anno siamo accompagnati a ripercorrere una storia di alleanza in cui anche le nostre storie personali si collocano.

La narrazione della legatura di Isacco è passaggio decisivo nell’alleanza con Abramo può essere definito ‘il sacrificio del sacrificio’. Il racconto costituisce espressione della scoperta di un volto nuovo di Dio: non è Dio violento che vuole la morte ed esige i sacrifici umani, ma Dio della promessa e della vita.

Abramo risponde alla chiamata con disponibilità radicale. Fino a costruire l’altare e sistemare la legna per restituire a Dio quel figlio che era il segno della promessa di Dio stesso. Sul monte Mòria, indicato dal Signore, Abramo sale insieme ad Isacco. Ma un angelo del Signore sventa il suo gesto. Abramo messo alla prova nella sua fede scopre che il Dio dell’alleanza non chiede la morte dei suoi figli.

Abramo ha sperimentato che la chiamata di Dio è totale, e pone la vita in un cammino di fede mai concluso, come ascolto alla sua Parola. Ma a lui Dio si rivela come Dio della vita, donatore di una discendenza ‘come le stelle del cielo e come la sabbia del mare’, Dio della vita e della benedizione. E’ il Dio che benedice e che lo rinvia ad un cammino di ascolto: ‘tu hai obbedito alla mia voce’.

Paolo ha probabilmente davanti a sé la vicenda di Abramo quando si rivolge ai cristiani di Roma dicendo: “se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà ogni cosa insieme a lui?”

La consegna è il movimento di tutta la vita di Gesù: davanti al Padre e per gli altri. Liberamente ha consegnato se stesso e tutta la sua vita sta nella linea del dono. E’ da scorgere in quest’orizzonte il senso del termine ‘sacrificio’ che si presta tuttavia a profonde incomprensioni. In Gesù è dono di sé, fino alla fine, vissuto nella solidarietà con le vittime.

Nel suo consegnarsi la sua vita manifesta il volto del Padre che consegna egli stesso il Figlio e in lui il suo amore. Gesù vive così il restituire tutto al Padre perché tutto ha ricevuto.  In Gesù si svela il volto del Padre che consegna e si consegna nel Figlio.

Il dono di sé è ciò che vive Gesù nella sua Pasqua. Marco pone il racconto della ‘trasfigurazione’ al centro del cammino di Gesù, offrendo così una chiave per comprendere la sua morte.

Marco usa un verbo al passivo: “fu trasfigurato” per esprimere un evento che coinvolge la persona di Gesù. E in questo passivo è celato il rinvio all’azione di Dio stesso. Quanto Gesù compie ha radice in Dio stesso. Questo racconto parla della Pasqua di Gesù. Il monte rinvia all’altura del Calvario. Accanto a Gesù compaiono tre discepoli, gli stessi che saranno con lui nell’orto del Getsemani (Mc 14,33). La luce che irrompe e splende parla della vita e della gloria del risorto.

La presenza di Mosè e Elia suggerisce il riferimento al percorso delle alleanze di Dio. Marco offre così un collegamento con la passione e la morte di Gesù nel suo consegnarsi al Padre e agli altri. Al centro la luce del suo corpo in vesti così bianche che ‘nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche’: la sua è una esistenza luminosa nell’amore che risplende e comunica. Pietro propone di fare tre tende, con allusione alla festa ebraica delle capanne, la festa che anticipa il riposo della fine dei tempi e ricordando il luogo della ‘dimora’ di Dio: ora la dimora è la stessa umanità di Gesù.

La nube che avvolge nell’ombra, evocazione della presenza di Dio nella tradizione dell’Esodo (Es 16,10;24,18) lascia spazio ad una voce: “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo”. Anche qui come al momento del battesimo al Giordano, la voce indica Gesù come il Figlio: è il mistero della sua identità. Ora la voce è rivolta ai discepoli e invita ad ascoltare lui.

All’inizio del percorso quaresimale la liturgia della Parola ricordando l’alleanza con Abramo provoca ad interrogarci sul cammino della fede e dell’ascolto del Signore Gesù seguendo la via che ha percorso.

L’episodio della trasfigurazione è un testo pasquale: il cammino di Cristo verso la croce, come scelta di dono di sé e di servizio è via che rivela una luce inaccessibile, la luce del volto di Dio. Il progetto di Gesù è associare i suoi nella sua strada. Il nostro cammino verso la pasqua quest’anno può essere percorso di speranza: nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio

Alessandro Cortesi op

 

the-sacrifice-of-isaac-1966(M.Chagall, Il sacrificio di Isacco, Nizza – Musée National Message Biblique Marc Chagall, 1960-66)

Slegare

Al centro della narrazione di Gen 22 sta un gesto con il coltello: anziché uccidere il figlio, Abramo taglia la legatura che teneva bloccato Isacco.

“C’è motivo se questo episodio dell’Antico Testamento ha tanto appassionato pensatori come Kierkegaard e Derrida, ed è la sua natura di sacrificio sospeso. La mano di Abramo non sferra il colpo, perché qui la vera vittima non è Isacco, ma il dispositivo del sacrificio. In questo modo il figlio si pone come l’’insacrificabile’, (…) Ecco, il fatto che l’uomo, nella sua singolarità, sia sottratto per sempre al sacrificio rappresenta, secondo me, la più importante acquisizione politica del cristianesimo”. (Massimo Recalcati, Intervista a cura di A.Zaccuri, Lo psicanalista. Massimo Recalcati: ‘Oltre la logica del sacrificio’, La Repubblica 3 dicembre 2017)

Così afferma Massimo Recalcati in un’intervista in cui ripercorre la sua ricerca ed il modo in cui proprio attraverso la psicanalisi è giunto a riscoprire le radici bibliche di questa scienza e scorgere come psicoanalisi e cristianesimo “hanno in comune l’obiettivo di sacrificare il sacrificio”. E’ quanto articola in modo ampio nel suo libro Contro il sacrificio (ed.Cortina 2017).

Egli sottolinea che: “la mistica del sacrificio sta alla base di tutte le ideologie totalitarie, dal nazismo allo stalinismo, fino ai fondamentalismi nostri contemporanei. Nel momento in cui ci rendiamo conto che in questa accezione lo ‘spirito di sacrificio’ è estraneo al cristianesimo, diventa impossibile cancellare l’uomo in nome di un presunto ideale. Più in profondità, il fatto di riconoscere in ogni uomo il volto di Dio ci permette di stabilire relazioni reciproche libere e feconde, che si fondano sulla consapevolezza del carattere insacrificabile della singolarità di ciascuno» (Intervista a Massimo Recalcati, “La Repubblica” 3 dicembre 2017)

S. Kierkegaard nella sua opera Timore e tremore aveva offerto una lettura di questa pagina cogliendo in esssa il dramma del conflitto tra due tipi di leggi che non possono stare insieme, la legge etica umana quella che chiede la responsabilità del padre nei confronti del figlio, e la legge di Dio che richiede un’obbedienza senza limiti religiosa. Abramo è posto davanti a un aut aut nel suo essere “cavaliere della fede”.

Nel suo approccio dal punto di vista psicanalitico Recalcati osserva come la questione riguardi il rapporto con Isacco in quanto figlio della promessa. La richiesta da parte di Dio al cuore di questa pagina non è il sacrificio, piuttosto è una grande provocazione a slegare, a lasciare andare. Dio richiede ad Abramo la rinuncia a possedere ed ad intendere proprietà tutto ciò che è dono nella vita, anche il figlio della promessa. E’ proposta di un amore che lascia la libertà dell’altro e lo libera dal considerarlo proprietà. L’amore come responsabilità che apre e scioglie.

“Non è forse questo il gesto che più di ogni altro riflette il dono di un padre e di una madre? Saper abbandonare, dopo averli amati e cresciuti, i loro figli nel deserto dell’esistenza? Non a caso Sara morirà all’indomani del ritorno di Abramo. E Isacco potrà trovare moglie in Rebecca solo una volta disceso senza la compagnia del padre dal monte Moria” (M.Recalcati, Il gesto di Abramo padre tormentato tra amore e timore, “La Repubblica” 15 maggio 2016).

“La croce di Gesù è l’atto di donazione in cui la Legge trova compimento Ma già in Isacco viene salvaguardata la singolarità dell’essere umano”.

In un Midrash, che riporta i commenti rabbinici a Genesi, (Midrash Bereshit Rabba 3) nel commento a Gen 22,6: “Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco” il commento rabbinico segnala: “come quello che porta la sua croce sulla spalla”. Tale interpretazione accosta il profilo di Isacco che porta la legna del sacrificio a quello di un uomo che porta la croce. E’ lettura rabbinica che lascia aperte interpretazioni e interrogativi.

Una lettura cristiana di questa pagina è attestata nella Lettera agli Ebrei (11,17-19): Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo”. In Isacco è vista un’allusione a Gesù, la sua morte e risurrezione, a colui che si avvia verso il Golgota «portando la croce» (Gv 19,17).

Una lettura artistica del gesto di Abramo può essere colta in una grande tela di Marc Chagall dal titolo Il sacrificio di Isacco (1966) in cui in primo piano sta il volto di Abramo nel momento in cui la sua mano su Isacco legato. Essa è fermata nello scendere di un angelo a braccia aperte a fermare la sua mano, e sullo sfondo si può scorgere la figura di Gesù «come colui che porta la propria croce sulla spalla». Figura questa – nella simbologia di Chagall – delle sofferenze dell’intero popolo ebraico e insieme di tutta l’umanità che porta sulle sue spalle il peso della violenza e dell’oppressione.

Alessandro Cortesi op

 

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